Quei numeri raccontano una storia diversa

ITALIA. Se c’è un luogo, nella Bergamasca, adatto a testare l’umore di un territorio così variegato e complesso come la nostra provincia, è la Valle Seriana.

Perché conserva gelosamente, nella splendida cornice delle sue montagne, un grumo di carattere originario, misto di genio e riservatezza, di attaccamento alle radici e di slancio verso il futuro, cifra distintiva di quella che un tempo si chiamava «la nostra gente». Le storie degli imprenditori che lunedì sera hanno riempito il palco dell’oratorio di Clusone per raccontare le loro esperienze nel mondo del turismo (Angelo Radici, Luciano Verzeroli, Massimiliano Belingheri, Silvia Ferri, Norma e Pietro Scandella) hanno gettato la scintilla che gli organizzatori (Orobiestyle) si augurano inneschi quel meccanismo virtuoso che ancora stenta ad avviarsi in un territorio che ha sì tante, tantissime potenzialità (60mila posti letto potenzialmente disponibili tra Alta Valle Seriana e Val di Scalve), ma che fatica ancora a decollare.

Eppure l’entusiasmo non manca, come dimostrano i tantissimi - non solo sindaci e addetti ai lavori, ma anche gente comune - che hanno affollato la platea, applaudendo e ridendo di gusto agli scambi di battute dei protagonisti sul palco. Non si percepiva nessuna distanza aurorale verso «chi ce l’ha fatta», quasi fosse una chiacchierata tra vecchi amici e non invece la riflessione su un sogno ambizioso che fino a qualche anno fa veniva considerato impossibile e ora è diventato qualcosa di più che concreto.

A testimoniarlo erano tutti lì, sul palco di Clusone: imprenditori che al turismo si sono avvicinati da mondi lontani (la finanza, l’industria, il commercio), ma che hanno capito che l’accoglienza è una garanzia di futuro. I numeri delle presenze e degli arrivi in forte crescita persino a gennaio di quest’anno (quindi in bassa stagione e senza più il traino della Capitale della cultura), come rivelato ieri dal report di Visit Bergamo e Provincia, sembrano dar loro ragione. Con la città a fare da traino (con un turismo però decisamente differente rispetto al resto del territorio, legato al circuito delle città d’arte e ai viaggi d’affari), le Orobie tengono, ma sono ancora in cerca di identità.

Abituati a un dibattito che troppo spesso pone sul piatto l’aut aut tra la vivibilità della montagna e il suo sfruttamento turistico, a Clusone abbiamo invece assistito a un incontro tra persone innamorate del loro territorio e della gente che lo abita e che considerano il turismo parte integrante di questo rapporto speciale. Come ha ricordato la presidente di Confindustria Bergamo Giovanna Ricuperati, la prima garanzia dello sviluppo è l’abitabilità della montagna, quindi lavoro e servizi adeguati (in prima fila c’erano molti sindaci della valle ad ascoltare ed è stato rimarcato che i tempi della politica non sono quelli dell’impresa privata).

Ma chi l’ha detto che il lavoro passa solo attraverso i settori tradizionali? Solo tra Alta Valle Seriana e Val di Scalve sono 1.200 gli occupati nel turismo, 41 gli alberghi per 1.800 posti letto, l’extra alberghiero conta 49 strutture, di cui 17 rifugi, 19mila le seconde case vuote stimate, con una capacità di 60mila posti letto. Il 93% dei turisti è italiano e si ferma in valle in media 2,9 giorni, più della media provinciale.

Forse dovremmo iniziare a raccontare e a raccontarci una storia diversa. Capire e far capire che le nostre valli sono un valore inestimabile non solo perché sono il «giardino della città», ma anche e soprattutto perché sono il frutto di una storia d’amore millenaria tra uomo e natura. Il racconto di questa storia, anche con le sue fatiche e le sue contraddizioni, è la chiave per costruire un futuro sostenibile.

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