Resilienza e inflazione imperativi del 2023

Mondo. Il rapido succedersi di eventi inattesi e sconvolgenti come la pandemia da Covid 19 nel 2020-21 e l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 consigliano una dose aggiuntiva di prudenza in ogni tentativo di prevedere le sembianze dell’anno che verrà. Perfino l’autorevole settimanale anglosassone «Economist», che in passato si è spesso dilettato nel delineare scenari futuri, stavolta scrive che sembra essersi chiuso un lungo periodo di relativa stabilità e prevedibilità dell’economia globale.

Allo stesso modo, però, sbaglieremmo a vivere esclusivamente alla giornata. Ipotizzare quali possano essere le principali sfide che ci attendono resta un esercizio utile, quantomeno per accrescere il nostro livello di preparazione nell’affrontarle.

È indubbio che il 2022 sia stato l’anno della ricomparsa dell’alta inflazione nel mondo occidentale, con i prezzi al consumo cresciuti in media di oltre il 10 per cento nell’Eurozona. Il 2023, di conseguenza, sarà l’anno in cui dovremo gestire questi rincari, tentando di limitarne l’impatto sulla nostra vita quotidiana. Banchieri centrali e governi saranno in prima linea in questo sforzo. I primi con l’intento di ancorare verso il basso le aspettative di inflazione alzando i tassi di riferimento e riducendo i bilanci dei propri istituti, i secondi con l’obiettivo di redistribuire risorse fiscali (scarse) verso le fasce di popolazione e i settori imprenditoriali più colpiti dal caro prezzi. Le due condotte, nei prossimi mesi, potrebbero entrare di tanto in tanto in rotta di collisione fra loro, visto che per le Banche centrali il raffreddamento dell’economia è un passaggio obbligato mentre per i Governi è un costo da evitare.

Il 2023 sarà anche l’anno in cui il dossier inflazione dovrà essere affrontato, oltre che per le sue conseguenze, nelle sue ragioni più profonde. Il nodo della sicurezza e del prezzo dell’energia non è stato ancora sciolto del tutto, specie in Europa. Il nostro continente ha ridotto la sua dipendenza dal gas a buon mercato dalla Russia, ma non ha trovato al momento il modo per sostituire quel metano con forniture altrettanto convenienti. Nei prossimi mesi, per alimentare le nostre economie (e gli stoccaggi), con ogni probabilità non ci rivolgeremo più a Est ma guarderemo a Nord (Norvegia), a Ovest (Stati Uniti) e soprattutto a Sud (mar Mediterraneo e Africa). Più difficile della firma di un contratto energetico, c’è tutto quello che viene prima in termini di diplomazia e negoziati internazionali e tutto quello che ne consegue in termini di infrastrutturazione necessaria ad accogliere le materie prime energetiche (i rigassificatori, per esempio). Ecco con quali sfide ci dovremo cimentare sul fronte degli approvvigionamenti.

I prezzi salgono, inoltre, perché la globalizzazione è percorsa da una spinta al rimpatrio di servizi e produzioni. Non dobbiamo immaginarci un repentino ritorno all’autarchia, intendiamoci, ma come indicano parole d’uso sempre più frequente tipo «reshoring» e «friendshoring» il tentativo è quello di riavvicinare – quando possibile – alcuni processi produttivi al Paese d’origine o quantomeno in Paesi geograficamente più vicini al proprio. Ecco cosa si intende, in estrema sintesi, con l’espressione «globalizzazione fra blocchi regionali» o «globalizzazione fra amici».

Se questo accade, lo si deve anche alle recenti evoluzioni della seconda economia globale, la Cina. Il 2022 è stato l’anno in cui colossi dell’auto come Stellantis (ex Fiat), per esempio, hanno deciso di interrompere le partnership raggiunte nel Paese asiatico per l’eccessiva incertezza sulla gestione della pandemia e delle relazioni internazionali da parte del Partito Comunista Cinese. Un numero sempre maggiore di gruppi manifatturieri sta riducendo la propria esposizione verso quella che è considerata «la fabbrica del mondo». Non sarà un processo irreversibile, forse, ma una tendenza di cui tenere conto questo sì.

Nel complesso, dunque, almeno nella prima parte del nuovo anno avremo sempre prezzi elevati in Europa, a fronte di una crescita lenta, forse addirittura di una recessione. Ma come insegna il 2022, anno in cui l’Italia ha superato – per la prima volta dopo tanto tempo – ogni previsione di crescita, non è mai da sottovalutare la resilienza dei nostri imprenditori e lavoratori.

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