«Rifiuto umano»
No, è nostro fratello

Sta occupando molto spazio la cronaca della morte di Younes El Bossettaoui. I motivi sono molti ma, forse, soprattutto perché in molti vogliono far risuonare il loro pensiero. Alcuni ricercano la condanna per ciò che è successo, altri ricercano la giustificazione. Sinceramente io continuo a vedere sconfitte su sconfitte. Non ultima la definizione di «rifiuto umano» da parte di Massimo Della Nina, consigliere comunale di Porcari. Da quando ho letto la notizia continua a chiedermi come si possa definire così un uomo. Forse il suo stile di vita era più simile ad un rifiuto, più perché rifiutato da tutti piuttosto che conosciuto e accolto. Un uomo simile a quelli che ogni giorno incontriamo con il Servizio Esodo, e che vivono sulle strade di Bergamo e nei luoghi abbandonati. Uomini e donne con una vita alle spalle carica di rifiuti e di scelte sbagliate. Rifiuti e scelte che non possono definire e condannare per sempre, ma che chiedono aiuto a quella società capace di permettere che la loro vita possa arrivare fino a quel punto. Una società estremamente narcisistica e nichilista, capace di pensare solo a sé e di escludere l’altro. Eppure, la nostra Costituzione non prevede tutto questo. Eppure, la fede cattolica non può accettare questo. «I poveri li avrete sempre con voi» ci ha detto Gesù, ma è un’eredità scomoda che non sempre ci piace, forse, perché il povero ci mostra chi siamo realmente.

Difronte alla morte di Younes e alla discussione capace di arrivare fino al punto di definire un uomo «rifiuto umano», non posso che vedere un grande bisogno educativo non solo nelle giovani generazioni, ma soprattutto in chi è adulto e chiamato a educare, perché sembra che ci siamo dimenticati quei valori che ci rendono uomini e che hanno permesso di avere, in Italia, una Costituzione capace di mettere al centro l’uomo, una Costituzione basata sui diritti e i doveri.

Non condanno il consigliere comunale che ha usato una definizione così squallida, perché è figlio di una mentalità che sta formando la nostra società. Una mentalità individualista che sulla strada non vede uomini e donne di cui prendersi cura, ma problemi da risolvere con la forza. Anche nella stupenda Bergamo, purtroppo è così.

Sento ancora più forte il bisogno di continuare a educare a quei valori, capaci di vedere non solo i propri diritti ma anche il dovere di prendersi cura gli uni degli altri. Suona ancora più forte quel passo della Genesi in cui Dio chiede a Caino «dove è tuo fratello?». Purtroppo, sta risuonando sempre di più la risposta «sono forse io il custode di mio fratello?».

Su quella strada è morto Younes, nostro fratello. Su quella strada la pistola carica è stata portata, e forse ha premuto il grilletto, Massimo, nostro fratello. Quel post carico di disprezzo è stato scritto da Massimo, nostro fratello. Non possiamo rifiutare l’uomo, nostro fratello e sorella. Ne siamo i custodi!

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