Riforma delle pensioni
Sbandata populista

Smantellare o almeno modificare fortemente i due totem simbolici – reddito di cittadinanza e quota 100 – della spensierata stagione del bipopulismo di governo, è ormai considerato necessario, ma sarà assai difficile e complicato. Costerà molta fatica e molto tempo, proprio quello che il cronoprogramma di Draghi non prevede. La controprova sta nella rassegnata esperienza del Conte 2, quando lo stesso Pd che aveva contestato duramente quelle scelte non ha voluto far qualcosa per cambiarle. Per debolezza politica, certo, come dimostra la parallela vicenda dei decreti sicurezza, ritoccati solo alla fine, e nemmeno tanto. Ma il problema è che diventa molto complesso far marcia indietro in materie così delicate, facili da proporre a colpi di sciabola, poi quasi impossibili da rivedere con razionalità. Non c’è niente di più populista che proclamare l’abbattimento della povertà e pensioni più facili, che consentono oltretutto di saldare demagogia e vecchi miti: Leu e Si faticano infatti a seguire la maggioranza su terreni così esposti.

Quota 100 (si va in pensione al raggiungimento della somma 100 tra anagrafe e anni di lavoro) avrebbe in sé un meccanismo autodistruttivo, perché scade il 31 dicembre, ma subito scatta uno scalone: basta essere nati un minuto dopo mezzanotte, e la soglia sale da 62 anni a 67. Un’ingiustizia evidente, ma nel 2018 la priorità era solo bilanciare i «meriti» dei Dioscuri Salvini e Di Maio. Quota 100, lo scrisse all’epoca Alberto Brambilla, già sottosegretario di Maroni, grande esperto pensionistico di area Lega, è stato «un progetto confuso, costoso e pericoloso che denota poca conoscenza dei problemi, mancanza di memoria storica e di disprezzo per il merito, l’esperienza e la preparazione». Ben lungi dal «cancellare la Fornero» come ancor oggi si dice, aprì una parentesi nella sua applicazione, contraddicendo, questo sì, la linea di tendenza di quasi un ventennio di riforme pensionistiche. Con un costo di oltre 20 miliardi andò a incidere (insieme a quelli stanziati per rimediare all’errore degli esodati) sul monte risparmio di oltre 80 miliardi, spalmato dalla Fornero su un percorso graduale fino al 2036. La legge utilizzava un criterio oggettivo, l’aumento della durata della vita media degli italiani. Nessuna riforma (non solo pensionistica, vien da dire), può oggi ignorare che negli anni 60 c’era un anziano per ogni giovane e oggi il rapporto è 5 a 1. E che le nascite per ogni donna sono oggi 1,28 in Italia, 1,56 in Germania e 1,87 in Francia.

Quota 100, oltretutto, non ha beneficiato platee immense. La media è di 80 mila persone all’anno, con prevalenza nel pubblico impiego e tra gli uomini, ha richiesto provvedimenti già in vigore come opzione donna e l’Ape, ma farà salire la spesa pensionistica fino al picco del 17,4% del Pil. Ha fallito totalmente nell’obiettivo più sbandierato: nuove assunzioni in cambio di uscite, addirittura «tre ogni nuovo pensionato» (Salvini dixit). Il tasso di sostituzione è stato in realtà di 0,45 (mezzo posto anziché tre).

E poi ha animato la gara di Conte a incentivare il lavoro nero: da un lato divano contro fatica, dall’altro mortificante divieto ai pensionati di lavorare (regolarmente, si intende).

Ora, a partire dal citato Brambilla, o da Boeri e Perotti su Repubblica, si stanno esercitando in molti (anche nelle stanze del ministro Orlando?) a fare proposte costruttive per il futuro, sperabilmente diverse da quelle leghiste che vogliono introdurre quota 101 e via andare. I due professori lavorano ad esempio sul principio di riduzione (o incremento) della pensione in funzione della prosecuzione al di sopra di 63 anni: riduzione di 1,5 punti per ogni anno di anticipo, rispetto a quanto offerto da quota 100. Un criterio che già c’era nella Fornero e va migliorato. C’è solo un piccolo difetto, e cioè che prevede un sacrificio e ormai, dopo aver apprezzato la bellezza dei vantaggi del populismo, difficile che possa piacere. Rieducare al realismo dei numeri e al rispetto dei diritti delle generazioni future, è forse un compito troppo ardito persino per super Mario. Ma chissà…

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