Salvini anti Raggi
alla presa di Roma

Non si contano ormai i motivi di scontro elettorale tra Lega e Cinque Stelle, la prima intenta a conquistare il primato e il secondo terrorizzato da un possibile crollo verticale anche nella consultazione del 26 maggio per le Europee. Gli ultimi sviluppi di questo continuo scambio di colpi (anche bassi) riguardano ancora i migranti e il comune di Roma. Matteo Salvini è di nuovo alle prese con la procura di Siracusa che lo accusa di sequestro di persona per le vicende della nave Sea Watch dello scorso gennaio.

È indagato il ministro dell’Interno ma con lui anche Conte, Di Maio e Toninelli. Lo stesso procuratore Zuccaro ha annunciato che chiederà l’archiviazione ma è pacifico che il Tribunale dei ministri di Catania seguirà comunque il suo iter. Tutti insieme indagati e dunque tutti ugualmente responsabili della politica migratoria. Così si disse al Senato quando si trattò di votare per negare alla magistratura l’autorizzazione a procedere contro Salvini, allora unico accusato. Però ora Salvini, in polemica con Di Maio, dichiara che «sulla sicurezza, i confini, i porti decido io» e aggiunge: «Come non mi permetto di intromettermi nelle tante crisi aziendali ferme (notate il termine, ndr) sul tavolo di Di Maio, così gli altri non si intromettano nelle competenze del Viminale».

Il fatto è che secondo il capo grillino la linea della chiusura dei porti va considerata come «transitoria», utile solo «a svegliare l’Europa», mentre Salvini la considera come un punto di non ritorno. E non lo convince nemmeno la ministra della Difesa Trenta la quale, guardando alla massa di profughi che potrebbero fuggire dalla Libia in guerra verso le nostre coste, avverte che i richiedenti asilo, secondo il diritto internazionale, vanno accolti e basta. Come si vede, la linea salviniana della fermezza sui migranti di fatto viene platealmente contestata dall’alleato di governo che finora l’ha subìta. L’ha talmente subita da votare – come dicevamo più sopra – il no all’autorizzazione a procedere contro Salvini per sequestro di persona, oltretutto venendo meno al principio del Movimento secondo cui l’autorizzazione a procedere contro un politico «va concessa sempre». Adesso basta, pare di capire. Il problema però, come dice la Trenta, è che si sta per scatenare dalla Libia un esodo senza pari: cosa farà il governo italiano, riuscirà Conte a trovare una mediazione? E come voteranno i grillini quando arriverà la nuova richiesta della magistratura per mezzo governo?

Altro terreno di scontro, Roma. Ormai non passa giorno senza che Salvini rinunci a strigliare la sindaca grillina Virginia Raggi. La quale risponde per le rime alle accuse di cattiva amministrazione che le arrivano dall’«alleato». Il sospetto dei pentastellati è che la Lega stia lanciando un’opa proprio su Roma e che sogni di conquistare il Campidoglio. La crisi del M5S nella Capitale è sotto gli occhi di tutti: gli arresti di vari esponenti di spicco e la paralisi amministrativa hanno già fatto evaporare la gran parte del consenso conquistato solo tre anni fa. Dunque è possibile che davvero la Lega stia facendo un pensierino al Campidoglio. Ma non per Salvini, come alcuni vanno scrivendo: l’uomo ha ben altre ambizioni. Piuttosto per Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia, sempre più solidale con il fronte sovranista, potrebbe vedersi offrire questa opportunità. Meloni è romana, la sua base elettorale in città è vasta perché deriva direttamente da An e prima ancora dal Msi, ha già partecipato alle elezioni e potrebbe ora avvantaggiarsi non solo dalla delusione per il fallimento grillino ma anche dal forte vento di destra che spira ovunque, anche lungo le sponde del Padre Tevere.

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