Salvini pronto
a far saltare il banco

C’è da chiedersi quanto stiano influendo sulla situazione politica i sondaggi che girano da un paio di giorni e che ancora una volta attribuiscono alla Lega una vistosa, ulteriore crescita nella settimana della Tav e della richiesta di autorizzazione a procedere verso Salvini, mentre il M5S risulta in continua decrescita. Secondo l’istituto Swg i leghisti avrebbero toccato il 33,8 per cento dei voti (erano al 17 il 4 marzo) e i grillini sarebbero scesi al 24 dal 32 abbondante delle ultime elezioni politiche. È vero che i sondaggi non garantiscono automaticamente i risultati in voti, ma un ribaltone di queste proporzioni non si era mai visto né nella Prima né nella Seconda e nemmeno nella Terza Repubblica, posto che sia mai nata. Una forza politica raddoppia i suoi consensi e un’altra perde per strada il trenta per cento dei voti in soli sei mesi di governo.

Certo, il voto ormai è fluido, come ha imparato Matteo Renzi a proprie spese, nondimeno il fenomeno cui stiamo assistendo impressiona. E se impressiona noi, chissà quanto impensierisce gli abitanti dei piani alti del Movimento Cinque Stelle, Casaleggio jr compreso. Lo diceva anche il premier Conte in quel colloquio sussurrato con Angela Merkel: i grillini sono preoccupati… In effetti, si trovano in una condizione di difficoltà che si riflette sull’alleato leghista e imprime una poderosa frenata all’azione di governo. Di Maio si trova di fronte ad un bivio. Se fa votare «no» alla richiesta del Tribunale dei Ministri di Catania, rischia di provocare un pandemonio nei gruppi parlamentari, nel movimento e in definitiva nell’elettorato che sembra già parzialmente in libera uscita. I grillini hanno sempre votato sì per principio a qualunque richiesta dei giudici nei confronti di un politico: un’inversione a U che potrebbe essere pagata a caro prezzo.

Ma votare sì all’autorizzazione a procedere quasi certamente provocherebbe una crisi di governo. Tutti i «dietro le quinte» che provengono dall’accampamento leghista dicono che in caso di voltafaccia dell’alleato, Salvini potrebbe far saltare il banco. Non subito ma dopo il voto delle regionali, a cominciare da quello in Abruzzo e Sardegna dove si aspetta di vincere. Insomma, prima delle europee di fine maggio. Con quei sondaggi, Salvini non ha certo problemi. E lui stesso ha avvertito che non sopporterà a lungo le provocazioni di Alessandro Di Battista che ha preso a svillaneggiarlo nei comizi. Non c’è solo questo: sull’altro piatto della bilancia pesa la questione Tav. In questo caso è la Lega che non può permettersi di venir meno alle promesse fatte al proprio elettorato, soprattutto del Nord, e che Salvini ha ribadito nella sua visita ai cantieri dell’Alta Velocità di Chiomonte. Ma sulla Tav i grillini non sentono ragione anche dopo che la Ue ha lanciato pesanti avvertimenti sui rimborsi e le penali da affrontare in caso di rescissione del contratto internazionale.

Anche i francesi ci faranno sapere nei prossimi giorni la loro posizione, ora che Toninelli ha consegnato alla sua omologa di Parigi la famosa analisi costi-benefici sulla Torino-Lione («Il buco», secondo le parole sprezzanti di Di Battista). Vedremo come Salvini e Di Maio riusciranno a sbrogliare la matassa. Si dice: le liti tra loro sono un gioco delle parti a beneficio dei rispettivi elettorati. Può darsi. Ma a forza di recitare una baruffa, si finisce per prendersi davvero a schiaffi. E il fatto che un vecchio navigatore come Paolo Savona abbia abbandonato il governo e la poltrona da ministro per andare (tra le polemiche) alla Consob qualcosa pure vorrà dire.

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