Se gli ordini
in azienda
tornano
a far sperare

La strada è ancora lunga e le strettoie e le salite ripide restano all’ordine del giorno. Però c’è un aspetto legato agli ultimi dati della produzione industriale, che comincia a farci ben sperare. Non si riferisce tanto ai numeri, che sono e restano ballerini, tra il disastroso bilancio complessivo del 2020 e quei passi in avanti del dopo estate, quando sembrava che la ripresa fosse a portata di mano. I numeri congiunturali del 4° trimestre dello scorso anno ci hanno riportato sulla terra, eppure pare cambiato il «sentiment» delle imprese.

Per «sentiment» intendiamo il mutato clima di fiducia che sta maturando all’interno delle nostre fabbriche: non è ancora l’effetto del governo Draghi, che fin da subito aveva comunque creato un clima di rispetto presso la comunità economica e politica internazionale che si era immediatamente riflesso anche su Piazza Affari. No, il vento che cambia arriva per ora dal portafoglio ordini di tante nostre realtà, che piccole e grandi, dopo mesi di commesse col contagocce, comincia finalmente a riaggiornarsi quotidianamente con mail e telefonate, con richieste precise e circostanziate da lontano, ma anche da vicino. Sì, perché in questi anni il vero paradosso era che fin dai tempi dell’altra grande crisi, quella del 2008, che ora impallidisce davanti alla pandemia, il mercato dei bergamaschi e un po’ di tutte le province più dinamiche del Centro-Nord era diventato il Mondo. A questa apertura globale anche delle medio-piccole (dopo che una prima ondata precedente aveva interessato solo poche grandi realtà) era però corrisposto un forte arretramento della domanda interna, peraltro tallone d’Achille dell’intero sistema Italia. Ora questo formidabile squilibrio, che faceva svettare le nostre eccellenze da New York a Singapore fino a Dubai, lasciando però per strada le piccole commesse della «porta accanto», comincia forse a venire meno.

Se quindi il dato, sempre brillante, di un ritorno di fiamma degli ordini dall’estero nell’ultimo trimestre 2020 non ci ha stupito (anche se il +11,6% è molto promettente), quello che davvero rincuora è vedere la rimonta degli ordini «domestici» che salgono quasi di sei punti percentuali, lasciando sperare in un possibile rafforzamento della ripresa ad inizio 2021.

Ecco perché i nostri imprenditori, nonostante non abbiano più lacrime, hanno deciso di continuare a «pensare positivo», volendo fortissimamente voltare pagina. Non solo vaghe speranze che lasciano il tempo che trovano: è quanto di grande e importante hanno seminato in questi anni che adesso torna loro indietro per ridare slancio dopo il momento più tragico dal secondo Dopoguerra ad oggi. Se quindi qualcuno pensava che la pandemia potesse azzerare qualsiasi vantaggio competitivo che negli anni le imprese bergamasche si erano conquistate con know how, intraprendenza e qualità maniacale, ha potuto scoprire in fretta che anzi, in un momento così incerto, chiunque nel mondo, abbia bisogno di una dote sempre più rara chiamata affidabilità.

Affidabilità nei prodotti di eccellenza, ma anche nella rigorosa qualità del servizio e del rispetto dei tempi di consegna. Bene ha fatto il presidente della Camera di commercio Carlo Mazzoleni a evidenziare proprio questo aspetto nella sua analisi congiunturale, legando in un solido «fil rouge» la crescita degli ordini con il ritorno alla fiducia degli imprenditori. Il loro ottimismo, seppur composto, era stato evidenziato di recente anche da un’indagine di Confindustria Bergamo, e dovrebbe permettere una tenuta, senza grandi scossoni, anche quando presto o tardi finirà (perché finirà) il blocco dei licenziamenti. E vedere il «modello Bergamo» non arretrare, sarà la soddisfazione più grande.

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