Se il terzo mandato spiazza le alleanze

POLITICA. Quel che alle 13 era certo e addirittura confermato «da fonti autorevoli», alle 18 non era mai accaduto: all’ora di pranzo tutta la Roma politica si interrogava su cosa si stessero dicendo intorno ad un tavolo apparecchiato di Palazzo Chigi Meloni, Salvini e Tajani.

E cioè se stessero chiudendo un accordo su regionali ed europee, mentre poco dopo l’ora del tè le medesime «fonti autorevoli» smentivano che i tre si fossero mai seduti accanto per pranzare e parlare di politica. Persino i telegiornali pubblici e privati delle 13 confermavano la circostanza alimentando la curiosità degli addetti ai lavori, ciononostante ora sappiamo che la cosa «ufficialmente» non è mai avvenuta. Un miraggio, una fola, una chiacchiera della sala stampa di Montecitorio. Vero è che i tre capi della maggioranza e del governo si sono visti per parlare di «cose del mondo», come ha detto Tajani, e cioè i migranti, l’Ucraina, Israele, il G7, non dei modesti argomenti tipo le candidature, che sono il vero piatto succulento della politica di ogni tempo e sotto ogni cielo.

Anche a prender per buona la smentita, e ce ne vuole di buon volontà, sta di fatto che i tre si sono visti a lungo. Ed erano uno accanto all’altro proprio nel momento in cui la Lega annunciava con comunicati ufficiali e dichiarazioni alle telecamere che aveva presentato una proposta di legge per portare a tre i mandati dei governatori regionali che oggi possono essere rieletti una sola volta. Sarebbe la «legge Zaia», confezionata su misura per mantenere «il miglior governatore d’Italia» al posto suo, cioè in Veneto, votatissimo e coccolatissimo dai corregionali, ma anche lontano per altri anni dalla corsa nazionale dove potrebbe dare non poco fastidio a Matteo Salvini.

Il terzo mandato che la Lega vuole a Forza Italia non piace («in qualunque democrazia non si sta seduti in eterno sulla stessa poltrona» dice ancora Tajani) e lascia freddissimi i Fratelli d’Italia: è vero che Giorgia Meloni in conferenza stampa a inizio anno si era dichiarata «laica» in materia, rimandando la cosa al Parlamento ed escludendo un’iniziativa del governo, ma è anche vero che sulla questione si sono contate diverse dichiarazioni contrarie provenienti da via della Scrofa, e anche ieri si sentivano deputati che dicevano: «La proposta? Quando avremo tempo la leggeremo…». Anche perché i meloniani vogliono far saltare la regola della rielezione del sardo Solinas (del «Psd’Az») per sostituirlo con Paolo Truzzu, brillante sindaco FdI di Cagliari. Su questo è stallo assoluto: è possibile che Meloni, Salvini e Tajani, che comunque si sono visti a lungo, non ne abbiano parlato? Non sarà un caso che il capogruppo FdI alla Camera Foti abbia ricordato proprio all’ora di pranzo che due anni fa in Sicilia la destra fece un passo indietro per consentire l’elezione dell’azzurro Renato Schifani. La realtà è che è ancor tutto sottosopra tant’è vero che ieri Forza Italia si è trovata nella necessità di difendere armi in pugno il lucano Bardi la cui poltrona di presidente della Basilicata sarebbe insidiata dalla Lega: «Lui ha lavorato benissimo, deve rimanere».

In periodi di trasversalità (abolizione del reato di abuso d’ufficio proposto dal centrodestra fra le proteste del Pd e il consenso dei sindaci democratici) anche la proposta leghista del terzo mandato piace ai potenti del partito di Elly Schlein: come Zaia cercano la rielezione sia Bonaccini che De Luca ed Emiliano. La segretaria sarebbe contraria, ma dovrà vedersela con i pezzi da novanta del suo partito.

© RIPRODUZIONE RISERVATA