Sicurezza, il passaggio che manca all’Italia

Italia. Di recente, su un autorevole quotidiano, è stata lanciata l’idea di istituire un Consiglio superiore della difesa per rafforzare gli strumenti di analisi sui temi della sicurezza e della difesa del Paese. La proposta deriva dall’osservazione del panorama internazionale e dei suoi riflessi sul nostro Stato.

La guerra in Ucraina assume contorni sempre più laceranti: il progressivo aumento degli armamenti sul terreno non lascia più margini di trattativa e la semplice ipotesi di un cessate il fuoco si sbriciola ogni giorno di fronte all’incancrenirsi dei combattimenti. Notizie non meno allarmanti arrivano dal risorgere (sotto le ceneri di un fuoco mai spento) del conflitto tra Israele e i palestinesi. Per non parlare della situazione in Iran, di quella del Brasile e in altri Paesi del mondo. Conflitti, alcuni, che possono sembrare lontani , ma che nell’insieme surriscaldano sempre più il clima, provocando preoccupazioni nei governi e facendo balenare lo spettro del conflitto nucleare. Del resto, non da oggi Papa Francesco ha descritto l’attuale quadro mondiale come una guerra mondiale «per pezzi».

In questo clima il tema della sicurezza, nei suoi molteplici aspetti, merita particolare attenzione. A ciò il governo si dedica attraverso i responsabili politici (ministri degli Esteri, della Difesa e dell’Interno in testa) e gli apparati amministrativi dei singoli settori. L’istituzione di raccordo e di indirizzo è il Consiglio supremo di difesa, previsto dalla Costituzione e presieduto dal Capo dello Stato. Ad esso sono demandati compiti di ricerca, di analisi, di proposta, finalizzati a costituire da supporto alle valutazioni politiche ed alle scelte conseguenti. Si tratta, quindi, di un organismo politico di massimo livello. L’ipotesi di istituire un consiglio che contenga anche componenti dell’amministrazione è tutt’altro che peregrina e presume una soluzione non inedita nel nostro sistema amministrativo. Nel periodo liberale furono creati, in diversi ministeri, consigli superiori con compiti come quelli richiamati dianzi: analisi, studi, proposte. Tanto nel settore dell’istruzione, quanto in quello dei lavori pubblici, come in altre branche dell’intervento statale l’opera svolta dai consigli superiori fu, nel complesso, particolarmente meritoria. In quegli organismi la presenza di prestigiosi esperti forniva elementi di «visione» dei problemi, mentre la presenza degli alti funzionari serviva a valutare le soluzioni operative più acconce. Il culmine venne raggiunto con la nascita, nel 1902, del Consiglio superiore del lavoro. Fortemente voluto da Giuseppe Zanardelli e da Giovanni Giolitti, venne istituito per far fronte ai complessi problemi legati alla nascente industrializzazione del Paese, nonché per dare risposte adeguate alle esigenze dei lavoratori.

Ripescare il sistema dei Consigli superiori - che, non a caso, vennero soppressi durante il ventennio fascista - potrebbe contribuire sia a dare maggior costrutto alle scelte politiche, sia a fornire spinta e incisività all’azione delle amministrazioni pubbliche. Il Consiglio superiore di difesa - così come altri, da istituire o da riformare - dovrebbe essere un organismo agile (non più di 15-20 persone) con una composizione mista. Almeno un terzo dei consiglieri dovrebbe essere scelto tra gli esperti più eminenti in materia di difesa e sicurezza; ad essi si dovrebbero affiancare i vertici degli apparati amministrativi di settore; un’altra componente (non più di un terzo del totale) dovrebbe provenire dal Parlamento attraverso la nomina da parte del presidente della Repubblica. Si tratta di un’ipotesi mirata a migliorare sia le opzioni politiche, sia la funzionalità delle pubbliche amministrazioni. Chissà se verrà presa in considerazione.

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