Sostenere la sanità
con criteri scientifici

Nei precedenti articoli abbiamo suggerito varie iniziative riguardanti la prevenzione, una delle principali modalità per mantenere la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale (Ssn), un bene prezioso da preservare a tutti i costi. Un’altra modalità per sostenere il Ssn è quella di spendere le risorse disponibili solo per trattamenti diagnostici, terapeutici e riabilitativi che abbiano una base scientifica. Ad esempio, è sbagliato continuare a mantenere nei livelli essenziali di assistenza (Lea) il rimborso delle cure termali, che non hanno adeguate documentazioni scientifiche di efficacia.

Fare vacanza in luoghi ameni non può che far bene; ma la relativa spesa non può essere di pertinenza del Ssn, anche se tutto ciò fa parte di una lunga tradizione. Analogamente le Regioni che hanno ospedali dove si trattano i pazienti con terapie alternative rappresentate da estratti di erbe, o che finanziano con fondi del Ssn ambulatori omeopatici per la ginecologia e perfino per l’oncologia, sottraggono risorse che potrebbero essere meglio utilizzate. Se gli estratti vegetali contengono principi attivi, si possono isolare, purificare e sottoporre a studi clinici controllati. L’impiego abbastanza diffuso dell’agopuntura, della ozonoterapia, di tanti strumenti per la riabilitazione, poiché mancano di legittimazione scientifica, rappresentano uno spreco che non permette maggiore disponibilità di servizi che invece sono sicuramente efficaci.

Fra l’altro da parte del ministero della Salute sarebbe necessario un miglior controllo della pubblicità e dei prodotti salutistici solo notificati e non approvati, per evitare che i cittadini acquistino in farmacia prodotti che non hanno alcuna base scientifica, dai già menzionati prodotti omeopatici che non contengono nulla, agli integratori alimentari e a tante altre scatolette e vasetti per ammalati immaginari. Gli italiani hanno speso nel 2018 oltre 5 miliardi che potevano essere utilizzati molto meglio. Facendo leva sulla facilità nel «credere» a tanti prodotti inutili, molta attenzione si sta orientando verso i prodotti alimentari, generando una catena di interessi dietro il nome lusingante di nutraceutica. Nessuno ovviamente ritiene che l’alimentazione non sia una parte importante dei buoni stili di vita; ma è solo la medicalizzazione della nostra società che tende a far credere che i prodotti «bio» siano meglio degli altri e che usa l’avverbio «senza» per esaltare determinati prodotti ed alzarne il prezzo. Prodotti senza aspartame, senza olio di palma, senza glutine hanno una limitatissima funzione, ma fanno intendere che, ad esempio, il glutine faccia male a tutti anziché solo agli ammalati di celiachia.

Alla grande creduloneria di molti italiani si accompagna il dubbio o addirittura l’opposizione verso trattamenti preventivi la cui efficacia è invece indiscutibile. Mi riferisco in modo particolare alle vaccinazioni che hanno costituito un elemento di aspro dibattito nel nostro Bel Paese. I vaccini sono in realtà i migliori farmaci disponibili, perché sono fra i pochi che rappresentano uno strumento della prevenzione, perché bastano poche dosi per aver un effetto che dura anni, sono relativamente ben tollerati, e costano relativamente poco, anche se i prezzi di alcuni potrebbero essere ridotti. Molte malattie sono state debellate dai vaccini. Una volta si vaccinava per il vaiolo, oggi non è più necessario, perché la vaccinazione universale ha fatto sparire il virus.

Negli anni ’50 oltre 3.000 bambini si ammalavano di poliomielite, alcuni morivano e molti rimanevano disabili per tutta la vita. Oggi non ci sono più casi di poliomielite, ma i giovani genitori, che non hanno mai visto un poliomielitico, ritengono che la vaccinazione antipolio non sia necessaria. Basta diminuire il tasso di vaccinazione perché ricompaiano le malattie. In Italia abbiamo avuto il maggior tasso di morbillo con alcune morti, perché abbiamo ritenuto inutile la vaccinazione. La mancanza di cultura scientifica ha reso ridicolo il nostro Parlamento, che ha dibattuto sull’obbligatorietà delle vaccinazioni sotto la spinta dei partiti che si erano divisi tra sfavorevoli e favorevoli. L’obbligatorietà è necessaria per la salute pubblica quando manca l’adesione spontanea, perché non bisogna dimenticare che molti bambini non possono essere vaccinati e che molti adulti possono trovarsi in condizioni di ridotte difese immunitarie. Chi non si vaccina, nel caso sia contagiato, non solo nuoce a sé stesso, ma nuoce anche a chi si trova indifeso. La nostra libertà finisce quando interferisce con la libertà degli altri: è un principio che vale anche per le vaccinazioni. Tutto ciò è tanto più valido considerando che viviamo in un’era di globalizzazione, che facilita la circolazione di virus e batteri.

Non bastano i farmaci per combattere le infezioni, perché virus e batteri divengono facilmente resistenti ai farmaci antivirali e antibiotici. Basta ricordare che nel 2018 (dati tratti dal Rapporto «Meridiano Sanità 2019») in Italia sono morti circa 10.000 pazienti, perché affetti da infezioni resistenti agli antibiotici e 6.000 pazienti per influenza per la quale esiste un vaccino (non obbligatorio).

*presidente Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs

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