Stadio per soli uomini
Super toppa italiana

Faremo prima a chiamarla super toppa, altro che Super Coppa. Sintesi: la Juventus vince lo scudetto, il Milan è finale di Coppa insieme ai bianconeri ancora trionfatori. Le due devono giocarsi il trofeo della Super Coppa italiana. La Lega Calcio destina la finale, già più volte in passato pendolare per il mondo, a Gedda. Capitale dell’Arabia Saudita. Nessuno scandalo, di per sé. Portare il calcio italiano nel mondo non è male a prescindere. Spot, promozione, e tanti blabla che vestiti eleganti sanno di marketing e spogliati del tutto odorano di denaro. Ma pazienza, così va il mondo.Poi però arriva il comunicato che spiega la vendita dei biglietti allo stadio King Abdullah Sports City, circa 60 mila spettatori di capienza, sarà, come dire, diversificata. Nei settori «singles», si accomodino i soli uomini. Nel settore «families», per gentile concessione avanti tutti. Anche le donne, attentamente accompagnate da un maschietto, si era detto in un primo momento.

Poi, a petto in fuori e con sprezzo del ridicolo, la Lega Calcio ha tenuto a far sapere che arriviamo noi italiani a imporre la svolta agli arabi, e le donne, nel «loro» settore, potranno anche entrare da sole. Liberissime di andare dove decidono gli uomini. Per la libertà vera sarà per un’altra volta.

Ecco: di fronte all’apartheid di genere, il nostro calcio getta la maschera. Di fronte ai soldi va bene tutto, di fronte a un pacco di milioni (non sappiamo nemmeno quanti, e in fondo è l’ultimo dei dettagli che conta), il nostro calcio è disposto a piegarsi al medioevo arabo, dove la donna è considerata poco più (forse) che un soprammobile. Che i soldi contino, e contino più di tutto nel calcio, lo sapevamo già. Le mille spillette colorate, i mille striscioni in campo, le mille campagne «manda un messaggio solidale», con gli allenatori che leggono i messaggi con impaccio e spesso sentendoli un impiccio, altro non sono, quasi sempre, che una recita. Non è il calcio che serve alla solidarietà, ma il contrario. La solidarietà serve al calcio (ripetiamo: non sempre, ma quasi) per darsi un volto migliore, più umano, meno votato al denaro di quanto in realtà non sia.

Poi però arriva la super toppa della Super Coppa, e il volto di cartapesta si sbriciola. Dice che ora Juve e Milan potrebbero anche non giocare, per protesta. Sarebbe l’ennesima, e grottesca, manifestazione d’ipocrisia.

Per portare una finale a Gedda, come in qualsiasi altra parte del mondo, si discutono, si scrivono e in ultimo si firmano contratti che definiscono ogni dettaglio. Certamente, anche la vendita dei biglietti e la ripartizione degli introiti. Non potevano non sapere che le donne sarebbero state trattate come i cagnolini in certi ristoranti, dato che lì non è l’eccezione, ma la norma di ogni giorno, in ogni aspetto della vita, per ogni donna. Dunque sapevano, chissà da quanto, e hanno fatto buon viso a buonissimo contratto.

Adesso se la giochino, abbiano la faccia, loro e i dirigenti che hanno venduto a Gedda questa partita, di andare là e sedersi tra soli uomini. Ci risparmino la retorica dell’indignazione a orologeria, e ci risparmino in futuro altre spillette, altri striscioni, altri messaggi al tal numero. Il calcio è questo: ci si deve arrabbiare sempre, non ci si può rassegnare mai. Ma quando una finale di Super Coppa s’inchina alla discriminazione l’illusione di poterlo rendere più civile, si sbriciola del tutto, e si può solo catalogare questa vergogna insieme alle altre del nostro calcio.

Non è nemmeno il caso di elencarle. Tanto, basterà un rigore discusso o un fuorigioco di un millimetro per sotterrare tutto, per far impallidire il rossore nell’enorme chiacchiera che tutto anestetizza. E che vuoi che sia un settore per soli uomini, o per donne accompagnate o libere di entrare, sì, ma nel recinto deciso da altri. Conta i soldi, che ti passa.

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