Sull’energia l’Europa si dimostra debole

«Se il tetto al prezzo del gas, proposto dall’Italia all’Unione europea già quattro mesi fa, fosse stato adottato, allora avremmo evitato alcune delle conseguenze del rincaro dell’energia». Il presidente Sergio Mattarella, in visita a Skopje, nella Macedonia del Nord, la città natale di Madre Teresa, terzo giorno del suo viaggio nei Balcani, ancora una volta sottolinea i costi dell’inazione causati dall’Europa sul tema delle fonti energetiche.

E non è un caso che proferisca queste parole proprio nel giorno in cui da Bruxelles giunge la notizia che la decisione sul «price cap», ovvero di un tetto da imporre al prezzo del gas, è slittata al 6 ottobre, in un vertice che si svolgerà prima a Praga e poi a Bruxelles. Per ora festeggia la Russia di Putin, che aveva minacciato fuoco e fiamme nel caso il provvedimento fosse stato preso. Ma la partita è aperta.

La proposta del governo Draghi ha incassato il sostegno di tutti i Paesi tranne che di Ungheria, Slovenia, Austria, Paesi Bassi, Repubblica Ceca e soprattutto della Germania. Berlino teme che i tempi dell’approvazione potrebbero scatenare un problema di forniture. Le divergenze sono anche sulla platea di chi verrebbe colpito dal blocco degli aumenti.

Per la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen il «price cap» riguarda solo la Russia, ma l’Italia vorrebbe che il provvedimento fosse esteso a tutti i Paesi per evitare speculazioni. Tra le richieste di Roma e di Parigi c’è anche il disaccoppiamento del prezzo del gas da quello dell’elettricità. Tutto questo ci dice quanto sia farraginosa, ancora una volta, qualunque decisione che giunga dall’Unione europea, anche quelle da emergenza di guerra. È invece stato approvato il piano dei consumi, con la riduzione della domanda di energia del 10 per cento, di cui almeno il 5 nelle ore di punta. Ma senza l’arma finanziaria più efficace, il «price cap», l’Unione si dimostra ancora una volta debole e in balia del ras del Cremlino. E a pagare le conseguenze di questo aumento «impensabile e sconsiderato», come lo definisce Mattarella, sono le famiglie e le imprese. Per il capo dello Stato «servono risposte non teoriche, ma concrete».

La crisi energetica sta già giocando inevitabilmente un ruolo nella campagna elettorale in Italia. L’energia è infatti uno dei temi maggiormente trattati dai programmi politici. Se da una parte c’è un generale consenso rispetto all’obiettivo di contenere i costi dell’energia che stanno mettendo in crisi famiglie e imprese, le differenze sostanziali si notano sui provvedimenti e le tecnologie da adottare.

Tutti gli schieramenti propongono un tetto al prezzo del gas, chi in sede europea e chi in sede nazionale. Ma quando arriviamo alle proposte pratiche il mondo politico si divide. In generale, il Centrodestra propone gas e nucleare per la transizione e come tecnologie per abbassare il costo dell’energia; il Centrosinistra tende maggiormente a identificare efficienza energetica e rinnovabili come principale risposta al momento attuale, in linea con gli scenari di decarbonizzazione di medio e lungo periodo e alle politiche europee.

Mattarella è perfettamente consapevole che tra Europa e Russia esiste un conflitto parallelo a quello ucraino e che l’affrancamento dell’Italia e dell’Europa dal gas russo deve essere portato il più rapidamente possibile, «per evitare che il gas e l’energia divengano non più un elemento di contrattazione economica, ma uno strumento di pressione politica o di speculazione». Ma quello che gioca a sfavore è il tempo. E a Mosca questo lo sanno bene.

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