Terremoto in Marocco, all’Africa colpita aiuto senza interessi

IL COMMENTO. Durò poche settimane l’attenzione mediatica sull’immane tragedia del sisma che ha colpito Turchia e Siria nel febbraio scorso, con un bilancio ancora parziale di 70mila di morti. Il destino si accanì in particolare contro le regioni ribelli siriane più povere, già immiserite e segnate a lutto da 11 anni di guerra.

La terra ha tremato di nuovo venerdì notte con una violenza impressionante, questa volta nel Marocco centrale provocando oltre duemila morti, un numero purtroppo destinato a crescere. Ieri mattina anche in Italia si è messa in moto la solidarietà con l’apertura di sottoscrizioni (come quella della Caritas diocesana bergamasca) per l’assistenza alle migliaia di sopravvissuti che hanno perso tutto e con la partenza di volontari della Protezione civile. È un soccorso spontaneo e disinteressato che mira a curare le prime ferite, il volto bello di un mondo che varca confini per portare aiuto ai sofferenti, in un’epoca nella quale gli stessi confini sono considerati spesso barriere identitarie per separare e per tenere lontano da noi chi fugge da altre forme di violenza.

Conflitti, carestie, epidemie mortali, povertà, sfruttamento economico, grandi interessi geopolitici contrapposti e nomenclature locali tengono in scacco l’Africa, un continente ricco di materie prime (un possibile volano di crescita e invece spesso piatto per appetiti privati), di cultura e di risorse umane non valorizzate. Ma l’Africa non è omogenea. Nel Maghreb, il Marocco, a soli 14 chilometri dall’Europa nel punto maggiormente vicino, è uno degli Stati più stabili politicamente e più sviluppati economicamente, soprattutto se paragonato alle vicine Libia e Tunisia. La Monarchia di Rabat ha investito sullo sviluppo industriale e su avanzati piani infrastrutturali.

Le potenzialità strategiche del Paese non vanno lette solo in un’ottica prettamente europea. Il Marocco ha anche un rilievo significativo perché «porta africana» per i commerci mondiali o almeno per quelli che transitano attraverso il Mediterraneo. La crescita economica, costante a partire dal 2003, ha consentito di frenare l’emigrazione e migliorare le esportazioni. Ma lo Stato maghrebino è segnato da profonde disuguaglianze interne: nel mondo è al 121º posto su 189 secondo l’Indice di sviluppo umano compilato dal programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo. La povertà è più marcata, oltre che nelle periferie delle città principali, nelle aree settentrionali e meridionali.

Il terremoto inevitabilmente avrà conseguenze sulla situazione economica e sociale del Paese che si è affermato come una delle maggiori mete turistiche dell’Africa e del mondo arabo, in particolare per quanto riguarda il turismo organizzato. Le mete preferite sono le cosiddette «città imperiali» (Fès, Marrakech, Meknès e Rabat) e il deserto del Sahara. Il numero dei visitatori negli ultimi anni si è assestato su poco più di 12 milioni, la metà proveniente dall’Europa (in testa Francia e Spagna). E la regione di Marrakech, che ha ispirato film e romanzi, è stata la più colpita dal sisma.

Andrà evitato il rischio che il Marocco mutilato dalle scosse finisca nello stesso cono d’ombra nel quale sono state relegate Siria e Turchia, proprio nel post terremoto, quando il bilancio dei danni viene alla luce in tutta la sua tragicità e va impostata la ricostruzione. Un’attività che dovrà avvenire con lo stesso spirito disinteressato della solidarietà di queste ore. L’Africa da alcuni mesi è tornata al centro delle attenzioni della politica europea: perché continente di emigrazione e obiettivo di interessi in competizione degli imperi, con il gioco pesante delle autocrazie cinese e russa. Ma è in atto anche un processo di riforma della Banca Mondiale e del Fondo monetario internazionale per politiche più giuste verso il Sud del mondo. Riguardano anche noi.

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