Tutti felici
in attesa
di scoprire
le carte

Sono tutti contenti i capipartito che escono dallo studio dove Mario Draghi sta conducendo le consultazioni (oggi vedrà le parti sociali poi salirà al Quirinale: prima di domenica dovrebbe essere tutto finito). Sono contenti per quel che loro hanno detto al presidente incaricato, mentre non è chiaro cosa Draghi abbia profferito. «Del Mes non ha neanche parlato», annuncia felice il grillino Crimi. E del reddito di cittadinanza che vi ha detto? «Noi abbiamo ribadito che per ora non si tocca». Ecco, appunto. Quanto a Salvini, il leader della Lega si contenta del fatto che il nuovo governo non aumenterà le tasse (chi poteva pensare il contrario?) ma «sulla flat tax Draghi vi ha promesso qualcosa?».

«Ha parlato della progressività del fisco». Quindi la flat tax, tanto cara al Carroccio, non solo non è citata ma è proprio esclusa. E anche sull’immigrazione sappiamo che Salvini ha chiesto che l’Italia si comporti come gli altri Paesi: quanto alla risposta, buio. Chi è totalmente soddisfatto di quanto ha ascoltato è Nicola Zingaretti. Renzi assicura pieno sostegno. Berlusconi, la vera star della giornata, calato a Roma dalla Provenza, difende l’autonomia di Draghi «in questo momento di emergenza». Più diffidente semmai è Leu che soprattutto aspetta di sapere se Roberto Speranza resterà ministro della Salute oppure no. Naturalmente tutti i «consultati» giurano che nell’incontro con il professore «non si è parlato di ministri». E probabilmente è proprio così, nel senso che Draghi si guarda bene dallo scoprire le proprie carte, se cioè vuole imbarcare qualche politico o se invece preferisce scegliere solo tecnici. Deciderà insieme a Mattarella.

Sarà un caso ma ormai da due giorni per il ministero dell’Economia si fa insistentemente il nome di Daniele Franco, attuale direttore generale della Banca d’Italia ed ex Ragioniere generale dello Stato a suo tempo entrato in collisione con Rocco Casalino, l’ombra di Giuseppe Conte: piuttosto che farsi silurare, si dimise prima e se ne andò a via Nazionale. Se Franco andrà a via XX Settembre a traslocare sarà il piddino Roberto Gualtieri, cioè un politico. Per Zingaretti non sarebbe una buona notizia. Il segretario del Nazareno si consola dicendo che ha sentito dire da Draghi che il Recovery Plan di Conte scritto da Gualtieri non è proprio da buttare: si partirà da lì per riscriverlo. Se questa è l’aria che tira, i politici dovrebbero restare fuori. Non sarà facile però. Escluso Conte, Salvini vorrebbe entrare, Di Maio vorrebbe restare come Franceschini e come Guerini. Potrà Draghi ignorare le loro ambizioni?

Questione Lega. In Europa considerano la presenza del Carroccio nella nuova maggioranza come «destabilizzante». Però ieri proprio il capogruppo leghista a Bruxelles ha polemizzato duramente con la sua alleata (ex?) del partito di estrema destra tedesca proprio per difendere l’operato di Draghi alla Bce e ha votato a favore del Regolamento del Recovery Plan (in passato si era astenuto). Per tutta risposta il bavarese Weber, capo del Ppe, non ha escluso un ingresso della Lega nella famiglia popolare, proprio quello a cui lavora Giancarlo Giorgetti, l’uomo della svolta «post sovranista» di Salvini, uno che – per esempio – potrebbe benissimo ambire ad un ministero nel nuovo governo, se solo fosse possibile entrarci. Un’ultima osservazione. Riguarda Giorgia Meloni. Sarà lei l’unica opposizione a Draghi. Da quella posizione lancerà l’assalto definitivo al primato nel centrodestra mediante il superamento della Lega, base per rivendicare la candidatura alla premiership alle prossime elezioni. Nel frattempo la Meloni incasserà un bel bottino: la presidenza della Commissione di Vigilanza Rai e il comitato che vigila sui servizi segreti che, per prassi, vanno all’opposizione. Cioè a lei.

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