Una pezza a un errore
grave e pericoloso

Su una manovra da decine di miliardi quei 112 milioni sembrano una briciola. Eppure quella briciola ha causato un più che giustificato terremoto politico e mediatico attorno al governo, costringendo ieri il vicepremier Luigi Di Maio ad annunciare una marcia indietro. Com’è noto nella Finanziaria approvata al Senato e ora attesa al passaggio alla Camera è stato introdotto all’ultimo momento un comma che abroga una norma in vigore dal 1973: è la norma grazie alla quale gli enti non commerciali hanno goduto sino a oggi di un regime agevolato del 50% (il 12% invece del 24%) sull’Ires, l’imposta sui redditi d’impresa. Invece, se le cose dovessero restare così, decine di migliaia di associazioni di volontariato e di enti non profit nel 2019 saranno costrette a mettere in conto un raddoppio della tassa da pagare sull’imponibile, che avrà come conseguenza un taglio dei servizi. Per essere concreti, questo significa meno pasti alle mense per i poveri, meno ore di assistenza domiciliare agli anziani, meno servizi ai disabili e così via…

Si tratta oltretutto di una rete di welfare organizzato che ha alleggerito il welfare statale dalla necessità di dover rispondere a tanti bisogni sociali vecchi e nuovi con evidenti risparmi. C’è da chiedersi allora perché il governo abbia assunto questa misura che si è rivelata impopolare come poche (non è un caso che ieri un sondaggio del Corriere della Sera abbia dato la Lega in arretramento di tre punti nei consensi elettorali); una misura anche autolesionista, perché ciò che il non profit non sarà più in grado di garantire, diventerà un ulteriore onere a cui lo Stato sarà chiamato a far fronte.

Scelte come queste non arrivano a caso, e per quanto di modesta portata per i conti pubblici, nascondono un obiettivo politico da parte delle forze di governo. In questo caso gli obiettivi sono anzi più di uno. Il primo e più evidente a livello pubblico, è una volontà punitiva verso un mondo, quello della solidarietà, che ha polemizzato con le scelte della maggioranza giallo-verde sulla politica migratoria. L’associazionismo in questi anni è stato in prima linea, insieme a tanti comuni, nel costruire percorsi di accoglienza e di integrazione con esiti spesso molto positivi, e giudicati tali anche dagli esperti di altri paesi europei che sono venuti in Italia per studiare il modello. Chiaramente alla base di queste dinamiche c’era una posizione umana e culturale che è stata violentemente demonizzata in particolare dalla Lega. Non è un caso che l’abolizione dell’agevolazione Ires sia arrivato insieme al taglio del fondo pubblico per l’editoria, che rischia di mettere in ginocchio, insieme ad altri organi di stampa, un giornale come Avvenire che in questi mesi è stato in prima linea sul tema dei migranti, facendo propria la voce di papa Francesco.

Un altro obiettivo dell’operazione Ires era proprio la Chiesa italiana, le cui organizzazioni sarebbero infatti le più colpite dalla cancellazione della norma agevolativa. Non potendo penalizzare ulteriormente la Chiesa sull’Imu, com’era nei piani dei 5Stelle e in particolare nei desiderata di Beppe Grillo, si è tentato di colpirla punendo le sue attività assistenziali in difesa dei più deboli. Ora Di Maio si è reso conto dello scivolone e ha preso l’impegno di «modificare la norma nel primo provvedimento utile». C’è da sperare che davvero le cose vadano così. Tuttavia è difficile cancellare l’idea che quanto accaduto sia spia di una vera battaglia culturale in corso: il neo statalismo sotteso alle forze di governo contro la libertà di iniziativa solidale da parte dei corpi intermedi. Una libertà che è un bene prezioso per tutti.

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