
(Foto di Agazzi)
BERGAMO. Dopo una cerimonia di insediamento al calor bianco, con i due poli associativi che hanno continuato fino all’ultimo a guardarsi in cagnesco, alla fine Bergamo ha il suo nuovo presidente della Camera di commercio.
Giovanni Zambonelli comincia la sua storia di numero uno di largo Belotti, riuscendo ad eludere per un soffio la «trappola» del quorum che poteva costringere ai tempi supplementari, congelando la carica per altre due settimane.
Si chiude così, in zona Cesarini, l’elezione camerale più travagliata della centenaria storia della Camera di Commercio. Lo spettacolo di mesi di litigi e trattative abortite tra i due fronti che rappresentano l’ente, diciamolo, non è stato edificante. Si è parlato pochissimo di programmi e quasi solo di poltrone, ci sono stati scontri interni in entrambi i poli e successivamente il «muro contro muro» che fino all’ultimo ha fatto temere un rinvio dell’elezione del presidente, che avrebbe rappresentato una sconfitta dell’immagine complessiva per tutti.
Ma proprio questo continuare da entrambe le fazioni a sentirsi «guelfi e ghibellini», a tirare di più per la propria parte rispetto al futuro economico comune, è quello che maggiormente rattrista. Da una parte Imprese & Territorio, dopo aver faticosamente raggiunto un’intesa al suo interno, ha praticamente deciso di lasciare solo le «briciole», a livello di governance, a una Confindustria che, pur soccombendo complessivamente nei numeri, aveva superato il 37% della quota totale con il suo apparentamento e soprattutto rappresenta una delle province manufatturiere più importanti d’Europa.
A un certo punto è sembrato quasi riecheggiare il famoso «Guai ai vinti», pronunciato dal capo dei Galli Brenno ai Romani, nei confronti della controparte. In verità, il rischio di nuovi possibili contrasti intestini nel Comitato unitario qualora si fossero rimessi in discussione quei precari equilibri associativi legati agli incarichi camerali, raggiunti con fatiche immani, ha fatto il resto.
Dall’altra Confindustria ha forse sottovalutato il fatto che la sua controparte, storicamente litigiosa, dovesse chissà per quale diritto divino lasciare ancora a un suo esponente la guida della Camera, pur non avendo i numeri necessari ad affermarsi. Così Mazzoleni (assenza pesante ieri la sua, che lascia trasparire amarezza, anche se poi in tanti gli hanno tributato un doveroso omaggio) è stato sostenuto, ma più a parole che nei fatti, senza imbastire per tempo una vera trattativa con il Comitato unitario e alzando le barricate solo quando il polo avversario aveva già praticamente deciso tutto per conto proprio.
Le dure parole di Matteo Zanetti di ieri non lasciano spazio ad equivoci: l’ex vicepresidente, che torna nei panni di consigliere, le ha usate per far capire l’incomunicabilità che al momento esiste tra i due poli. Un intervento lucido, che deve essere anche costato a Zanetti, che viene da una famiglia per generazioni ai vertici proprio di Ascom, l’attuale Confcommercio, proprio una delle associazioni che oggi si trova dall’altra parte della barricata.
L’auspicio è che comunque nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, si trovi il modo di ricucire, di lavorare insieme. La Bergamo economica lo pretende: ha bisogno di una visione comune per affrontare le sfide cruciali del futuro, dalla transizione digitale, alla sostenibilità, dall’attrattività alla formazione, fino alle infrastrutture. Auguriamo un buon lavoro a Giovanni Zambonelli, che è un galantuomo come chi lo ha preceduto e che non meritava di essere tenuto sulla graticola fino all’ultimo, con l’auspicio che possa governare con equilibrio e con quel senso di collegialità che ha promesso anche ieri, e che intende attuare fin da subito, nella speranza che i sussulti d’orgoglio facciano finalmente un passo indietro.
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