Prima la sclerosi multipla, ora il tumore. «Resto positiva. Arma segreta? L’amore»

Una vita segnata dagli imprevisti non ha fermato la forza straordinaria di Chiara Baldelli, mamma di Treviolo. Ecco la sua storia.

Che cosa succede a un’auto in corsa se finisce di colpo la benzina? Chiara Baldelli, di Treviolo, si è sentita così quando le hanno diagnosticato la sclerosi multipla 18 anni fa, nel 2004, quando ne aveva 31. «Avevo appena ottenuto un ruolo di responsabilità sul lavoro - racconta -. Mi occupavo di formazione e risorse umane in una multinazionale con altri ottomila dipendenti. Stavo conducendo un corso in aula davanti a numerosi colleghi e ho avuto un improvviso calo della vista. Un momento prima era tutto normale, subito dopo ero immersa nel buio. Sono caduta a terra e mi hanno portata d’urgenza in ospedale».

Dopo un lungo ricovero e una serie di esami è arrivato quel verdetto durissimo: «Sclerosi multipla». «Era un periodo felice per me - continua Chiara -. Avevo ottenuto la posizione che desideravo e avevo accanto a me un fidanzato che amavo e con il quale progettavo di sposarmi. La malattia ha provocato un terremoto. Ho dovuto fare i conti con questa nuova condizione, e all’inizio è stata dura. La neurite ottica che ha causato la cecità temporanea è regredita grazie alle terapie. Dopo qualche settimana avevo recuperato la vista, anche se non era perfetta come prima. Nel frattempo ho tentato di elaborare la notizia. Ho ragionato con mia madre sul passato, su possibili segni premonitori che forse avevamo trascurato. Avevo avuto da bambina brevissimi episodi di rigidità e difficoltà di movimento delle gambe, ma nessuno gli aveva dato peso, erano scomparsi velocemente. Ho scoperto anche altri casi della stessa patologia nella mia famiglia».

Dopo lo sconforto iniziale, Chiara si è rialzata e ha proseguito con coraggio la sua vita: «L’impatto sulla mia attività lavorativa è stato molto significativo. Mi piace occuparmi di risorse umane, ho studiato filosofia con indirizzo psicologico proprio perché mi appassiona stare a contatto con le persone, comprenderne le attitudini. Il ruolo che ricoprivo mi stava dando molte soddisfazioni, stavo crescendo, avevo tanti sogni. Sono rimasta ferma per diversi mesi e quando sono rientrata ero consapevole di dover condurre una vita più tranquilla e regolare. Non potevo sostenere ritmi così serrati, spostarmi in giro per l’Italia salendo e scendendo dagli aerei per tre giorni su cinque ogni settimana. Ho dovuto quindi ridefinire le mie priorità personali e professionali, indirizzarmi su una mansione più sedentaria e una riduzione dell’attività. L’azienda mi ha offerto sempre comprensione e disponibilità».

Come scrive Giulio Cesare «nessuno è così forte da non rimanere turbato da una circostanza imprevista». Chiara non riusciva ad accettare che quel rivolgimento fosse definitivo: «Questa malattia - osserva - arriva all’improvviso e stravolge tutto, poi bisogna trascorrere il resto della vita sotto la sua ombra. Non se ne conosce l’evoluzione, per ogni paziente c’è un esito diverso, perciò mi sento sempre in una condizione di incertezza. Ho la forma recidivante -remittente, alterno momenti di crisi, in cui sono costretta a fermarmi, ad altri di attività e vita normale, sono apparentemente in forma, ma la sclerosi multipla purtroppo è subdola».

La vita cambiata

Non sempre, infatti, si manifestano segni evidenti: «Nell’immaginario collettivo la sclerosi multipla viene associata a una disabilità, con impedimenti motori e di deambulazione. Ed effettivamente sono questi gli effetti delle forme più gravi e aggressive. Per la maggior parte, però, essa rimane invisibile, permette di condurre un’attività normale ma è comunque accompagnata da un estremo senso di affaticamento, rallenta i movimenti e le attività cognitive, rende difficile ottenere un sonno ristoratore. Questi aspetti non sono normalmente percepiti dall’esterno, a volte vengono scambiati per indolenza o pigrizia e questo crea molto disagio e incomprensione. La gente spesso si ferma all’apparenza».

Da quattro anni Chiara ha cambiato azienda: «La multinazionale per cui lavoravo - spiega - si è trasferita in provincia di Milano. Per me sarebbe stata troppo gravosa la vita da pendolare, perché a volte mi capitano brutti momenti in cui fatico a camminare e a svolgere anche le più semplici attività quotidiane, perciò ho dovuto cercare un altro posto. L’ho trovato in una ditta che si occupa di cosmetici dove continuo a occuparmi di formazione e risorse umane. È molto più piccola, ha una sessantina di dipendenti, un ambiente familiare in cui mi trovo molto bene».

Le terapie, fortunatamente, si sono rivelate efficaci: «Sono riuscita sempre a risollevarmi dalle crisi - continua Chiara -, i farmaci che ho assunto mi hanno aiutato molto, anche se gli effetti collaterali a volte sono intollerabili: febbre, tremori, mal di testa cronico». La sua vita personale non ha subito scossoni così traumatici: «Lorenzo, il fidanzato di allora - sorride Chiara - ha voluto sposarmi lo stesso, e ora è il mio angelo custode. Il nostro è un rapporto bello, consolidato e forte, lui mi sostiene in tutto, si occupa di moltissimi aspetti pratici. Un dono del cielo. Sono riuscita comunque a diventare madre e anche questa è stata una gioia grandissima, che ha riempito di senso la mia vita. Ho dovuto aspettare fino ai 38 anni per affrontare una gravidanza, su consiglio della mia neurologa, Mariarosa Rottoli, direttrice del Centro Sclerosi multipla dell’ospedale Papa Giovanni XXIII. Ho dovuto infatti attendere che la malattia fosse stabile, e per fortuna quando è arrivato il momento sono rimasta incinta subito. Ho avuto un figlio, Edoardo, che adesso ha 12 anni, e sono felicissima. Purtroppo ho dovuto riprendere le cure subito dopo e non ho più avuto la possibilità di affrontare una seconda gravidanza».

Chiara ha ottenuto un appoggio decisivo dall’Aism, Associazione italiana sclerosi multipla: «L’ho incontrata poco dopo la diagnosi. Ho partecipato con piacere alle attività, ho conosciuto molte persone con le quali ho potuto scambiare informazioni ed esperienze. Dopo la nascita di mio figlio ho dovuto dosare le energie e ridurre le attività di volontariato, ma resto sempre in contatto con loro e continuo a partecipare per quanto possibile».

La prima rete di sostegno resta la famiglia: «Le mie sorelle mi sono sempre vicine, mi aiutano in tutto. Accanto a loro ci sono anche le amiche, poche ma buone, che ho incontrato sui banchi del liceo classico al Sarpi. Quegli anni mi hanno dato una prima formazione alla forza e alla resistenza, che mi ha aiutato anche ad affrontare la malattia».

Chiara si trova spesso a misurarsi con la fragilità e i propri limiti, ma ha imparato ad affrontarli e a parlarne anche con suo figlio: «Quando era più piccolo a volte capitava che non riuscissi a giocare con lui e forse non ne comprendeva il motivo. Ora ne parliamo, è consapevole che devo assumere dei farmaci e fare un’iniezione ogni sera. Abbiamo trovato passatempi più tranquilli che piacciono comunque a entrambi».

Le Moire, che nella mitologia greca erano le dee del destino, erano rappresentate come filatrici: ed è come se nel filo del fato di Chiara avessero intrecciato un altro nodo. «Nel 2021 dopo la prima ondata della pandemia ho ricevuto la lettera di convocazione per lo screening mammografico. Purtroppo mi è stato riscontrato un tumore al seno. Così, in modo del tutto inaspettato mi sono ritrovata con un’altra patologia da affrontare. Quando ci ripenso mi sento ancora risuonare nelle orecchie la voce della segretaria dell’Humanitas Gavazzeni che mi comunica la necessità di nuovi accertamenti. Quando ho ricevuto la telefonata stavo tenendo una lezione in azienda ed è stato un momento terribile che non dimenticherò. Ho dovuto seguire un nuovo iter diagnostico che si è concluso con una mastectomia parziale, con l’asportazione di un seno. Mi sono rivolta all’Humanitas Gavazzeni dove ho trovato una Breast unit all’avanguardia e un’accoglienza attenta e sensibile dal punto di vista umano. L’intervento ha avuto successo, sto tuttora proseguendo le terapie, ma mi sento bene. Certo non è facile convivere con una protesi, ho sempre la sensazione di ospitare nel mio corpo un elemento estraneo. Ho dovuto fare pace con il mio aspetto, il corpo è cambiato».

Conservato l’entusiasmo

Nonostante questo Chiara ha conservato il suo entusiasmo e la sua energia: «Devo fare i conti con questi due ospiti - non graditi - con cui devo condividere il mio corpo e la mia mente. So che devo metterci tutta la forza possibile, perché voglio vedere mio figlio crescere, diventare nonna e questo è per me un obiettivo importante. Quando mi hanno diagnosticato il tumore la sclerosi multipla mi ha dato un vantaggio: sapevo già cosa significhi affrontare una malattia. Avevo già imparato a gestire i momenti di affaticamento, dolore e sofferenza. La mia arma segreta continua a essere l’amore, mi sento circondata da persone che mi vogliono bene». Ci sono momenti di scoraggiamento, ma Chiara ha trovato una strategia personale per superarli: «Sono abituata ad affrontare le difficoltà a viso aperto e cerco di non farmi condizionare. Quando capita un brutto momento, ogni volta che mi sento stanca e mi pesano di più i limiti imposti dalla malattia, magari perché devo restare bloccata a letto, mi impegno a considerare un problema alla volta, mettendoci tutta l’energia che ho a disposizione. Credo che l’atteggiamento mentale abbia un’influenza sull’evoluzione delle mie patologie, perciò faccio in modo che sia sempre positivo. So cosa significa sentirsi abbattuti, disorientati, senza punti di riferimento. Ma non si può semplicemente sedersi e lasciar scorrere gli eventi, bisogna rialzarsi, reagire con i mezzi che si hanno a disposizione, ed è ciò che cerco di insegnare anche a mio figlio».

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