Ryanair, vent’anni nei cieli di Bergamo: a bordo 114 milioni di passeggeri

Aeroporto, lunedì 14 febbraio l’anniversario del primo volo della compagnia irlandese che ha fatto di Orio un punto di riferimento per il settore dei low cost Ora rappresenta oltre l’80% dell’offerta di Sacbo.

Da zero a 114 milioni (e rotti) di passeggeri. La storia di Ryanair a Orio al Serio sta tutta in questi numeri. Domani la compagnia che ha inventato il low cost in Europa (o meglio, esportato e adattato il modello dell’americana Southwest) spegne le sue prime 20 candeline sullo scalo bergamasco, diventato nel frattempo il terzo italiano per traffico passeggeri e il primo dell’Europa continentale per gli irlandesi volanti dietro Londra Stansted e Dublino. Un’intuizione del presidentissimo di Sacbo Ilario Testa e del direttore commerciale dell’epoca, Francesco Fassini, che alle soglie del nuovo millennio decidono di puntare su questa strana compagnia che promette di volare a prezzi assolutamente fuori dal mercato. E soprattutto di far volare tutti, la vera chiave di volta di questa storia.

Dagli anni difficili al decollo

Quanti passeggeri faceva Orio prima dell’arrivo di Ryanair? Un milione 64mila 454. Anni difficili, quelli del varo di Malpensa 2000 che fin dalla partenza mostra tutti i suoi limiti di prospettiva a cominciare dal mai risolto dualismo con Linate che alla fine penalizzerà entrambi gli scali milanesi: ma anche di rapporti (eufemisticamente) complessi con la milanese Sea che all’epoca deteneva un pericolosissimo 49,98% di quote Sacbo e che pochi, pochissimi, anni prima aveva tentato la spallata, bloccata in corsa dal Patto di sindacato che blinda i soci bergamaschi, pensato e scritto da Mario Ratti e Cesare Zonca.

Il primo volo della nuova era di Orio tocca terra alle 7,55 di un giovedì: arriva da Francoforte, o meglio da Hahn, sconosciuto scalo della Renania Palatinato a un’ora e mezza buona di bus dalla città tedesca e pure in un altro land, a dirla tutta. In sostanza è come se uno atterrasse in Veneto pensando di trovarsi in Lombardia. Ma proprio questo è il cardine del business degli irlandesi, puntare su scali secondari, a volte molto: nel caso di Orio va particolarmente bene, perché viene sì venduto come Milano ma al tirar delle somme è davvero vicino al capoluogo regionale.

Ma torniamo a quel 14 febbraio 2002, giorno di San Valentino: non a caso a bordo del volo Ryanair ci sono la bellezza di 80 coppie tedesche vincitrici di un concorso di un’emittente radiofonica. Una viene addirittura unita in matrimonio ad alta quota dal borgomastro di Andernach, trattasi di Anya Schmitz e Thomas Pluta: nel 2012 avevano partecipato alle celebrazioni del decennale a Orio, quindi il volo ha portato bene.

Il modello Orio nel low cost

Di certo da lì è iniziata la fortuna dell’aeroporto che scala posizioni su posizioni nelle classifiche nazionali e internazionali, ritagliandosi con il passare degli anni un ruolo fondamentale nel mercato low cost. Al di là dei numeri, sui quali accenneremo a breve, intorno al modello Ryanair si è sviluppato un sistema di servizi di assoluto livello, modellato sulle esigenze dei vettori low cost (il turn around in primis, ovvero il tempo che intercorre tra arrivo e ripartenza, particolarmente compresso in questa fattispecie) che ha fatto dello scalo e del suo personale a tutti i livelli un’eccellenza nel settore. Lo conferma il fatto che, chi prima chi dopo, tutte le compagnie vogliono operare qui: l’anno scorso è stata la volta di Easyjet, da sempre gli arcirivali della compagnia del vulcanico Michael O’Leary. Per non parlare dei posti di lavoro creati nell’indotto, a vari livelli e in diverse categorie.

Ecco, impossibile capire la compagnia senza soffermarsi su O’Leary, un autentico personaggio che al tirar delle somme ha cambiato il modo di volare in Europa: spregiudicato, provocatorio, geniale, spesso a tanto così dal limite, tendenzialmente poco diplomatico e assolutamente inviso in egual misura sia ai sindacati che all’establishment del settore, enti regolatori e compagnie aeree di bandiera e non. Alla crescita costante di Ryanair ha fatto corona una serie di problemi mica da ridere, sia sul fronte del trattamento fiscale e previdenziale del personale (difficile trovare un Paese dove non ci siano casi aperti) che delle relazioni con ministeri e a volte il territorio, per non parlare delle istituzioni europee. Ma O’Leary ha sempre tirato dritto, ammorbidendosi dove necessario (usa molto meno in pubblico termini come «rubbish» e «bullshit» che prima erano una sorta di colonna sonora) lavorando di cloche alla bisogna ma con una rotta ben fissa in testa.

Poco alla volta ha visto restare a terra una compagnia dietro l’altra, tradizionale e non, e al di là dei metodi spesso poco ortodossi la sua rivoluzione l’ha compiuta: difficile immaginare l’Europa senza i low cost, passati da voli per vacanzieri a vero trasporto di massa, senza distinzioni. Resta da capire come risponderà ora il segmento business davanti al dilagare dello smart working: questo ora è un grande elemento d’incertezza.

A Orio Ryanair nel giro di pochi mesi del 2002 aveva già conquistato un quarto del mercato, lanciando rotte diventate familiari per i bergamaschi (e non), su tutte quella per Londra Stansted. Nel 2003 quota 1 milione di passeggeri era già superata e la fetta di mercato vicina al 50%, traguardo tagliato l’anno dopo. Dal 2009 in poi gli irlandesi volanti non sono mai scesi sotto il 76%: in pratica 3 voli su 4 a Orio.

Ma è un altro il dato che fa davvero impressione: se nei suoi primi 10 anni Ryanair ha trasportato a Orio poco meno di 35 milioni di passeggeri, nei secondi ne ha portati più del doppio arrivando a quote di mercato ben oltre l’80% e superando quota 11 milioni nel 2019, l’ultimo anno prima della tragedia del Covid. Per gli irlandesi questo è un aeroporto fondamentale e anche nella difficile ripartenza, pur riducendo quantitativamente l’offerta, la compagnia ha mantenuto gli stessi livelli percentuali di mercato, incrementandoli addirittura nelle prime rilevazioni del 2022. La conferma che Ryanair serve a Orio, ma che è vero anche il contrario.

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