Contro il Verona tutti in coro: «Forza Atalanta». L’inno di Marino Magrin

L’ANNIVERSARIO. In occasione del quarantennale, prima della partita allo stadio suonerà l’inno di Magrin. L’ex nerazzurro (che ha giocato anche con il Verona): «Ringrazio di cuore la società per questo regalo».

Probabilmente il segreto è nel cognome. Fatto sta che Marino Magrin, veneto di Borso del Grappa, leggenda atalantina, 64 anni, ha lo stesso fisico asciutto di quando giocava ed era cecchino temuto sui calci piazzati. Da tre anni apprezzato osservatore per l’Atalanta, segue i bambini dai 6 ai 10 anni, stasera tornerà in auge per un’altra delle sue passioni, quella del canto. Prima di Atalanta-Verona, con lui doppio ex, l’altoparlante dello stadio farà risuonare «Forza Atalanta», l’inno che incise nel 1984, rimasto nel cuore dei tifosi, in occasione del suo 40° compleanno.

L’idea nacque nell’Atalanta Club Valgandino, il primo circolo di tifosi che ospitò Marino, in tempi in cui era normale la vicinanza, che spesso diventava amicizia, tra tifosi e giocatori. Favorita, nella circostanza, dalla presenza di Miro Radici in qualità di presidente onorario del club, carica tuttora in essere.

Magrin ricorda che all’epoca alloggiava alla Casa del Giovane: «Oltre a me c’erano anche Foscarini, Pacione e altri ancora, tutti sotto la guida indimenticabile di don Minelli. Dormivamo lì e pranzavamo alla “Pesa” di via Baioni, dalla signora Clelia, per me come una seconda mamma. E ci si incontrava con Enzo Conti, che imbracciava la chitarra, e Beppe Guerini, del complesso “Enzo & Beppe”. Alla “Pesa” Salvatore scrisse una mezza strofa, io completai il testo, poi perfezionato e messo in musica dal maestro Alessandro Poli. Incidemmo a Lecco e il Club Valgandino fece il coro con in testa Giambattista Gherardi, un’esperienza di musica e amicizia davvero senza pari».

La registrazione però dovette affrontare il problema della cadenza veneta di Magrin e di quella bergamasca del coro. Per il nostro cantante la pronuncia delle zeta era un bell’ostacolo, già evidenziato, con ripetuti sfottò, da Mimmo Gentile nelle partite a calcio-tennis. Ma alla fine tutto si risolse e arriviamo così al primo aprile 1984. «Fu una bella emozione già prima di quell’Atalanta-Como che ci porterà entrambe in Serie A - ricorda Magrin - perché dal ritiro del Cantiere a Sarnico prendemmo l’autostrada e chiesi all’autista di far sentire la cassetta nel pullman. Acconsentì e i miei compagni cantarono con me facendomi venire la pelle d’oca. Quando scendemmo, Sonetti mi apostrofò in toscano di mettere da parte l’ugola perché c’era la partita. Allo stadio poi, grazie allo speaker Franco Ardizzone, cantarono tutti i tifosi. Finì 1-1 e io segnai su punizione».

Cantante e bomber, un connubio perfetto. Inni dedicati all’Atalanta ce ne sono stati diversi, da Piero Focaccia a Roby Facchinetti, passando per «Atalanta Disco Dance» degli Epigramma a Luciano Ravasio e altri ancora, ma nel cuore di tanti la prima in hit parade è quella di Magrin. «Credo che il successo sia dovuto al ritornello, quel alé-oh-oh che coinvolge tutto il pubblico. Ancora adesso, sui campi dove seguo i bambini, arrivano genitori che hanno l’inno come suoneria sul cellulare. Per me è una grande gratificazione. Per quanto riguarda stasera ringrazio di cuore l’Atalanta per questo regalo che, credo, abbia origine dalla serata a Vertova quando il Club Valgandino ha insignito Antonio Percassi del premio “Bravo Papà”. In quella circostanza, e l’ha ripetuto più volte, il presidente si è reso conto dell’efficienza dei tifosi gandinesi. Che, per me, sono amici veri e il coro migliore che potessi chiedere».

Magrin, dopo sei stagioni in nerazzurro (192 presenze con 40 gol) passa alla Juventus per due campionati e poi a Verona (lo chiamavano «Esperienza») in attesa di poter rientrare a Bergamo e tagliare il traguardo delle 200 presenze. Il destino, però, si metterà di traverso e il ritorno non ci sarà. Il 7 gennaio 1990 si gioca la prima di ritorno Verona-Atalanta, con ex come Fanna, Prytz e Magrin tra i gialloblù, in una giornata con una nebbia terribile. «Sullo zero a zero, all’ultimo minuto del primo tempo, l’arbitro ci assegna un rigore. Doveva batterlo Jorio, ma aveva sbagliato quello precedente e mi prega di tirarlo io. Alla “mia” Atalanta? Non ne avevo nessuna voglia, ma Bagnoli dalla panchina mi grida se deve venire a batterlo lui. Allora mi faccio forza e batto Ferron. Finirà 1-1 e, mentre sono negli spogliatoi, mi dicono che c’è una persona che mi aspetta. Esco e trovo Cesare Bortolotti appoggiato alla porta che s’era fermato apposta per salutarmi. Io che gli avevo fatto gol! Lo perderemo, purtroppo, a inizio estate».

Magrin è rimasto lo stesso «bravo tóso» di quando arrivò con la 850 coupé bianca e la parcheggiava lontano perché si vergognava. Stasera lo applaudiremo come cantante, ben sapendo che per noi è stato davvero molto di più.

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