La chimica orobica col segno meno: «Sconta la frenata della Germania»

LO SCENARIO. Il 2023 fotografa «una situazione a macchia di leopardo», come spiega la presidente del gruppo Chimici di Confindustria Bergamo, Mariella Giannattasio: ci sono settori che stanno soffrendo, come la chimica di base; altri, come il farmaceutico o il cosmetico, che stanno vivendo un periodo fiorente.

Le difficoltà non sono di oggi, ma derivano - quantomeno - dal 2022, quando la produzione industriale della chimica bergamasca mostrava un trend negativo. Meno 4,2% nel primo trimestre, meno 2,6% nel secondo, meno 3,7% nel terzo e meno 1,5% negli ultimi tre mesi dell’anno scorso, quando il calo, pur persistendo, si attenuava. Il 2023 fotografa «una situazione a macchia di leopardo», come spiega la presidente del gruppo Chimici di Confindustria Bergamo, Mariella Giannattasio, nel senso che «ci sono settori che stanno soffrendo, come ad esempio la chimica di base; altri, come il farmaceutico o il cosmetico, che stanno vivendo un periodo assolutamente fiorente e settori di nicchia, come quello delle vernici, che non seguono i trend macroeconomici».

Del resto, «veniamo da un triennio - 2020, 2021 e 2022 - totalmente schizofrenico, dove alla pandemìa da Covid sono seguiti la guerra in Ucraina e poi il problema dei costi delle materie prime e dell’energia». Ma Giannattasio guarda al futuro del comparto con fiducia: «Quest’anno abbiamo il problema dell’inflazione e dell’aumento dei tassi, ma dovrebbe cominciare un trend di normalizzazione e di maggiore equilibrio».

Una chiave di lettura per capire lo stato di salute della chimica orobica - circa 200 aziende, di cui 90 associate a Confindustria Bergamo, per 10 mila dipendenti - può essere la richiesta di cassa integrazione da parte delle imprese del comparto. In questo caso, i dati non sono positivi, perché a giugno su più di 1,3 milioni di ore autorizzate dall’Inps di Bergamo, ben 588.435 riguardavano aziende chimiche e della gomma plastica. Per Giannattasio è «fisiologico», anche perché «la produzione chimica bergamasca è legata moltissimo alla Germania che sta soffrendo e di conseguenza soffrono le nostre imprese». In più, incide il fatto che «la maggior parte delle aziende realizza prodotti destinati ad altre lavorazioni o all’export e se i clienti rallentano, le ripercussioni sono inevitabili».

Quanto vale il settore

Altro tema più generale è che «il settore è molto condizionato dai Paesi emergenti, che non hanno i nostri obblighi legislativo e possono contare su costi totalmente diversi dai nostri». A livello mondiale, la chimica genera ricavi per 4 mila miliardi e la classifica dei maggiori produttori vede in testa la Cina con il 43%, seguita a distanza dall’Europa (15%) e dagli Stati Uniti (11%). Nel Vecchio continente primeggia la Germania (29%), al secondo posto si colloca la Francia (17%) e al terzo l’Italia con l’11%, che «vale circa 64 miliardi - precisa Giannattasio -: di questi, 40 miliardi sono generati dalla Lombardia». E «il valore della chimica a Bergamo è di 5,5 miliardi, mentre quello a Milano è di circa 24 miliardi». Un settore importante che ha bisogno di riassestarsi.

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