Cronaca / Bergamo Città
Giovedì 25 Gennaio 2024
«La missione della Capitanio è coltivare buone relazioni»
ISTRUZIONE. Nel centenario della scuola, la tavola rotonda dal titolo «L’educazione come carisma, il futuro come missione».
Spirito d’innovazione, internazionalità e visione futura, mantenendo saldi i valori cattolici e tradizionali. È questa l’impronta che, fin dalla fondazione avvenuta nel novembre 1923, ormai cent’anni fa, le Suore di Carità (dette di Maria Bambina) hanno voluto dare alla Scuola Capitanio di via Sant’Antonino, una realtà che ancora oggi cerca di anticipare i tempi e che, a partire dal 1998, è entrata a far parte della famiglia delle altre sette scuole della Fondazione Opera Sant’Alessandro. La storia della scuola, fondata da Santa Bartolomea Capitanio, la sua incredibile capacità innovativa e lo sguardo sempre proiettato verso il mondo e al futuro, sono stati oggetto di una tavola rotonda dal titolo: «L’educazione come carisma, il futuro come missione» organizzata da Fondazione Opera Sant’Alessandro, nella scuola che celebra i cento anni di vita. Primo di tre incontri dedicati ai genitori, l’evento, moderato dal rettore della Fondazione Opera Sant’Alessandro, don Emanuele Poletti, ha permesso di rileggere la missione educativa di Bartolomea Capitanio alla luce delle nuove esigenze educative. Il confronto tra passato, presente e futuro è stato animato dalle testimonianze di Suor Milena Abondio – che ha ricordato il carisma di Santa Bartolomea Capitanio, diventata maestra illuminata e punto di riferimento per molte giovani donne analfabete che potevano così emanciparsi – e del professor Giovanni Quartini, coordinatore didattico della Capitanio, che ha messo in luce gli elementi di continuità che la scuola ha tenuto vivi.
«Abbiamo cercato di passare alcuni punti fondamentali dello stile educativo della Capitanio ai laici che ci hanno succeduto nella gestione delle scuole» spiega suor Abondio. «Innanzitutto l’importanza della relazione tra docente e alunno. Questo perché riteniamo che la verità dell’educazione si debba giocare nella quotidianità, e non in fatti straordinari. Poi l’idea di fondo che lo studente sia una persona da conoscere profondamente, nella sua complessità e globalità. Infine il valore dell’inclusività, a cui si fa fronte con competenza e creatività». Prosegue il preside Quartini: «Quando nel 1998 la scuola passò alla gestione della Fondazione Opera Sant’Alessandro, fu volontà dell’allora Vescovo Amadei che la scuola tenesse fede alla tradizione e allo spirito delle Suore fondatrici e che fosse interamente sostenuta dal laicato. Anche questo in continuità con il passato, visto che anche Santa Bartolomea Capitanio era una maestra laica».
Sempre in linea con la tradizione, la Scuola ancor oggi progetta la sua didattica riflettendo sul contesto culturale e sociale, guardando ai ragazzi di oggi, immaginandoli uomini e donne di domani. Uno sguardo che ha portato la scuola, prima in Bergamo, all’introduzione nell’uso del tablet alle medie. «Anche l’attenzione all’inclusività fa parte dell’eredità della tradizione, come pure la grande attenzione al mondo e all’internazionalità. Basti pensare che nel ’92 la Capitanio è stata la prima scuola cittadina ad inaugurare il Liceo linguistico europeo dando avvio a una storia di successo scolastico che trova oggi il suo filo conduttore all’interno dei Licei dell’Opera di via Garibaldi con le sperimentazioni del Liceo Linguistico moderno e del Liceo linguistico giuridico-economico».
E cosa riserva il futuro per la Scuola Capitanio? L’augurio, auspica il professor Quartini, è che sia un luogo in cui ciascuno possa trovare spazio per farsi le domande più importanti della vita e trovare ispirazione per tentare una risposta. Che aiuti i suoi studenti a fare emergere la versione migliore di se stessi, per essere persone contente, capaci di essere riferimento per la loro comunità. Conclude don Poletti: «Per i suoi cento anni auguro alla Scuola Capitanio di continuare ad operare secondo le tre importanti direttrici indicate da Papa Francesco in occasione della chiusura del Sinodo dei giovani nel 2018: accoglienza, ascolto e accompagnamento. Se gli adulti e le istituzioni terranno presente questo, assolveranno senz’altro bene al loro compito».
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