L’allarme della Fim Cisl: «L’effetto Suez: rischio per nostre imprese»

PRIME AVVISAGLIE. Parlare di allarme è sicuramente eccessivo: diciamo che, in una situazione geopolitica che di anno in anno diventa sempre più complessa, qualche timore per le imprese - anche bergamasche - comincia ad affacciarsi a causa dell’ultimo scenario di crisi, quello del Mar Rosso.

Parlare di allarme è sicuramente eccessivo: diciamo che, in una situazione geopolitica che di anno in anno diventa sempre più complessa, qualche timore per le imprese - anche bergamasche - comincia ad affacciarsi a causa dell’ultimo scenario di crisi, quello del Mar Rosso. Al momento, nella metalmeccanica, le difficoltà sono circoscritte a poche aziende - si contano sulle dita di una mano - almeno stando a quanto riferisce il sindacato. C’è chi, come spiega il segretario generale della Fim-Cisl di Bergamo, Luca Nieri, per portare a casa gli approvvigionamenti necessari (vedere alla voce semiconduttori) si è attrezzata in modo da utilizzare i mezzi via aria anziché via mare. Un’azienda, invece, ha proprio perso la commessa, mentre un’altra, avendo una sede in Cina, ha deciso di «trasferire» nel Paese del Dragone alcune commesse. Insomma, «le imprese del nostro territorio hanno dimostrato grande flessibilità e la capacità e adattarsi al mercato», dice Nieri.

Si tratta di piccole e medie imprese, non di grandi realtà: «Sono ancora poche realtà, ma sicuramente dovremo capire come si svilupperà il panorama nelle prossime settimane», continua il sindacalista. «Al momento, prevalgono incertezza e preoccupazione – aggiunge Nieri -. Le aziende affrontano temi organizzativi con l’incognita di avere o meno tutto il materiale che serve. L’altro elemento riguarda gli aspetti dei costi: oggi non ci sono situazioni di particolare fibrillazione, tranne in alcuni casi di aziende che per recuperare i tempi hanno utilizzato mezzi alternativi (aereo) e altre che appunto hanno deciso di delocalizzare alcune commesse». Per quanto riguarda ai riflessi sull’occupazione, «non ci sembra che sia a rischio: si parla di piccole quantità di produzione, ma in prospettiva dovremmo monitorare, perché oggi si vive alla giornata».

«Questo conflitto - afferma Nieri - va a intrecciarsi con tutto quello che già succede tra Europa e Medio Oriente: elementi di geopolitica che condizionano le scelte strategiche delle nostre aziende: lo fanno in termini di costi, che andranno a pesare sul prodotto finale, e di organizzazione del lavoro, che sempre di più preoccupa».

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