Il piacere di leggere / Bergamo Città
Mercoledì 05 Novembre 2025
«Ludovico Einaudi, la sua musica ovunque: vi svelo l’enigma»
IL LIBRO. Il giornalista e critico musicale Enzo Gentile parte dalle origini per spiegare il grande successo del musicista in tutto il mondo.
Ludovico Einaudi è un ottimo musicista che divide il pubblico. Da una parte c’è chi lo ama incondizionatamente, apprezza la sua musica densa di colori, profondità, animata da una ricerca musicale mai fine a se stessa, dall’altra c’è chi lo attacca aspramente. Ma, come spiega il giornalista e critico musicale Enzo Gentile nel suo libro dedicato all’artista torinese, è comunque un compositore che ha tracciato una linea di pensiero inconfondibile, dando vita ad uno stile cui molti sono debitori. «Ludovico Einaudi – La musica, le origini, l’enigma» (Cluster-A) entra proprio nel racconto di questo pianista che è diventato un’eccellenza planetaria, cresciuto al conservatorio di Milano, allievo di Azio Gorghi, assistente di Luciano Berio, del quale ha espanso la lezione. Un musicista schivo, completo, che ha dato impulso alla musica strumentale e ha saputo conquistare il mondo con i dischi, i concerti, una personalità unica. Gentile entra giusto nel merito di questo straordinario successo, cercando di raccontare le origini del personaggio, l’arte, l’enigma che si cela dietro un pianista che ha conquistato il suo pubblico scandagliando la propria interiorità, dando adeguato sfondo musicale all’emozione, alla razionalità del musicista, a una ricerca estetica che ha trovato una sua inconfondibile stilizzazione. L’autore del libro non sposa la causa di Einaudi, racconta l’artista, dando spazio anche ai detrattori che in fondo hanno un ruolo e in qualche modo sono legati alla sua musica inclassificabile. La prefazione è firmata dall’arpista Cecilia Chailly, la postfazione è dell’architetto Stefano Boeri.
«La sua musica va ovunque, dalla pubblicità ai servizi televisivi che utilizzano le sue musiche. Allora è normale chiedersi una spiegazione, sembra in effetti un enigma»
«Ho messo nel titolo la parola enigma, per un motivo preciso: mi domando perché Ludovico ha così tanto successo in Italia e all’estero, da 20-25 anni in maniera progressiva, toccando gli ambiti più diversi, dal cinema al teatro, ai dischi, ai concerti, alla musicoterapia, fino alle Rsa e alle sfilate di moda. La sua musica va ovunque, dalla pubblicità ai servizi televisivi che utilizzano le sue musiche. Allora è normale chiedersi una spiegazione, sembra in effetti un enigma. Dei Beatles e di Miles Davis non ci si chiede il perché di tanto successo, è implicito nell’arte che hanno sviluppato e che la gente ha perfettamente compreso. Einaudi può sembrare fuori dalle regole del mercato, ma lo streaming che lo riguarda nel 2024 è stato superiore a tutti i musicisti di musica classica, Mozart e Bach compresi. Ci vorrebbero 5mila giorni per ascoltare tutto quello che è stato scaricato di Ludovico in un anno. Insomma, sono cifre importanti. Comunque la domanda trova risposte diverse. Sicuramente c’è dell’abilità, e una serie di sliding doors che l’hanno favorito».
Si ha idea che sia un grande ascoltatore.
«Come musicista è una spugna, io stesso l’avevo invitato a “Suoni e visioni” ancor prima che fosse noto e uscisse il primo lavoro, “Le onde”, album che arriva al successo con molta calma, a due anni dalla pubblicazione. Sì, è uno che ascolta. Abbiamo fatto un viaggio in Africa con altri amici e lui si è portato a casa un intero bagaglio di suoni».
È una sorta di «minimalista di profondità» che s’è inventato un brand che funziona ovunque.
«Di brand si tratta, tanto che si dice degli imitatori che “suonano all’Einaudi”. Forse non è del tutto originale, ma è arrivato prima. Di certo ha sentito Philip Glass, Wim Mertens, Michael Nymann. Il “concerto di Colonia” esce nel 1975, avevamo vent’anni e quello è un disco che Ludovico ha divorato. Ha frequentato anche i Beatles, la musica contemporanea, Berio. È un perfetto condensatore di tante cose, mettendo nel suo stile pianistico un tocco e un timbro che pochi hanno».
Per questo la musica di Einaudi conosce una così larga diffusione?
«La sua musica è in 80 film, tra colonne sonore scritte appositamente e brani ripresi dal suo repertorio. Buona per commedie, film drammatici, documentari. I registi si sono indaffarati nel pescare a piene mani. Anche questa è una peculiarità».
Nel libro ci sono tante testimonianze, anche di detrattori, e la ricostruzione di un tempo che vede il giovane Einaudi frequentare la musica rock.
«Siamo coetanei, ho seguito la sua vicenda umana e artistica in diretta. Lo conosco negli anni Ottanta quando arriva a Milano, al Conservatorio. Ma i dischi di Venegoni & Co, dove Einaudi suonava la chitarra, ce li avevo. Non a caso nel libro ci sono foto dove ha ancora i capelli».
«“Le Onde” è un disco che non voleva pubblicare nessuno. È stato scoperto in Inghilterra e lì avviene davvero qualcosa. Nella sua vita c’è una sequenza di porte girevoli dove lui entra ed esce al momento giusto, grazie anche ad un’abnegazione che gli va riconosciuta»
Alla fine che idea si è fatto dell’enigma Einaudi?
«Credo che sia un fenomeno unico che sta durando da tempo. Ha gestito la carriera in modo oculato, evitando la televisione, parlando pochissimo. Nel libro ho soprattutto raccontato da dove arriva, per capire meglio sin dove è arrivato. Nella sua avventura artistica penso ci sia stato una sorta di miracolo. Per tanti anni ha trovato le porte chiuse. “Le Onde” è un disco che non voleva pubblicare nessuno. È stato scoperto in Inghilterra e lì avviene davvero qualcosa. Nella sua vita c’è una sequenza di porte girevoli dove lui entra ed esce al momento giusto, grazie anche ad un’abnegazione che gli va riconosciuta. Poi non sarà un grande pianista, come qualcuno sostiene, ma ha un gusto suo. Suona in maniera elementare, ma lo fa come nessun altro, fa tanti dischi ma non li spiega, non li racconta, è sempre di poche parole e questo fa un po’ a cazzotti con il fatto che suo padre Giulio sia stato il più importante editore d’Italia».
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