Nek: «Al Lazzaretto canto i miei 33 anni di hits»

L’INTERVISTA. Il concerto il 28 giugno: «Con Renga una parentesi importante, ora in tour da solo. Sul palco chitarra, basso e batteria».

«Nek Hits – Live 2025» fa tappa al Lazzaretto di Bergamo il 28 giugno (inizio 21.30; biglietti disponibili). Filippo Neviani si racconta in pubblico lungo l’asse del suo canzoniere melodico, carico di successi. Il titolo si richiama alla mini serie che trovate sul canale YouTube dell’artista. «Il concerto è una lista di singoli che il pubblico vuole sentire», racconta il cantante. «Quando la gente va al concerto di un artista vuole ascoltare le sue canzoni più famose. Canto pezzi che hanno segnato la mia storia. Il concerto è un viaggio che attraversa i miei 33 anni di attività, la serie ricostruisce la stessa vicenda con immagini, aneddoti, testimonianze. La narrazione si prende più tempo, più libertà».

Stavolta torna in città senza Renga, anzi tornate nello stesso spazio in tempi diversi. Com’è stata la lunga parentesi con il suo amico Francesco?

«È stata un’avventura importante e non era scontato che potesse andare avanti per così tanto tempo. Ha prodotto tanto affetto da parte della gente e diversi progetti realizzati, compreso un album. Normalmente si fa un disco e lo si porta in concerto, nell’occasione la prima parte del tour ha comportato la nascita di un album che abbiamo condiviso con i nostri autori. Avevamo già fatto un tour con Max Pezzali. Da lì era nato un legame d’amicizia, al di là della condivisione sul palco. Dopo quel tour a tre ci siamo ritrovati io e Francesco, con la voglia di annusarci un po’ di più, condividere il tempo anche privato, insieme alle nostre famiglie. Se non ci fosse stato il legame umano il tour si sarebbe concluso dopo qualche mese, invece è andato avanti per due anni. Tutto quel tempo ha prodotto buoni risultati, ma, ad un certo punto, ognuno di noi ha sentito la necessità di tornare a fare quello che faceva prima. Con Francesco è stata una parentesi che non è detto non si possa riaprire».

In una recente intervista ha detto che a una berlina di lusso preferisce un trattore. E questo fa pensare che lei sia rimasto fedele a un dimensione esistenziale legata alla provincia, alla propria terra. È forse un modo per rallentare il passo in un mestiere che spesso ha tempi serrati?

«Credo abbia colto nel segno. Tutte le volte che rientro a Sassuolo da un viaggio o da un periodo d’impegni è come se tirassi un respiro di sollievo. È come quando ti siedi dopo una lunga camminata e trovi un po’ di ristoro. Qui a casa ho gli affetti, gli amici, il trattore, la campagna. Il tempo è diverso, i ritmi non sono quelli che vivo nella mia vita straordinaria. La normalità, il quotidiano della campagna compensano l’altra vita, ben movimentata. Per questo non ho mai voluto vivere in città. Mi verrebbe proprio difficile. Sono uomo di provincia, legato a un paese piccolo, lontano dal caos».

Lei è un po’ come Morandi: cantante, uomo della tv, conduttore, in prospettiva attore.

«In realtà ho fatto anche l’attore, quando verrà il momento dirò anche altro. Diciamo che ci sono state tante occasioni grazie alle quali mi sono messo in gioco e ho allargato il mio orizzonte. La televisione era qualcosa di nuovo per me. Sfruttare un linguaggio differente da quello della musica è stato interessante. È sempre intrattenimento, ma modalità e tempi sono altri. Quando sono sul palco a cantare il mio compito è catalizzare l’attenzione ed emozionare la gente. Nella conduzione è la stessa cosa, ma il tramite è diverso. Resto comunque un musicista prestato alla conduzione».

Ci sono proposte in vista?

«Qualcosa c’è. Non ne parlo perché non voglio creare aspettative su cose che potrebbero non andare a buon fine».

Torniamo alla musica. Il suo concerto è in trio, chitarra-basso-batteria, una formula che fa subito pensare ai Police.

«È il gruppo che amo di più, fonte di grande musicalità. Con Renga eravamo in nove sul palco, stavolta ho sentito l’esigenza di ridurre all’essenziale. D’accordo con la discografica che sta facendo uscire la ristampa di tutti i miei vinili, ho scelto la formula diretta, minimale. I miei pezzi nascono in trio. In questo modo nessuno può allentare la presa durante il concerto. Io sono il cantante, ma anche il bassista».

È lo Sting di turno.

«In un certo senso sì. Con lui siamo diventati amici, entrambi coltivatori. Siamo entrati più in sinergia quando ha saputo che mi ero fatto male. Mi ha pure rimproverato sonoramente come avrebbe fatto un buon padre: “Le tue mani le devi proteggere. Devi stare attento”. Per fortuna è andata bene, d’altra parte se in campagna faccio fare le cose agli altri non mi diverto più».

Sta scrivendo altre canzoni?

«Assolutamente sì. Sono in una fase compositiva micidiale. Ho scritto negli ultimi due mesi 36 pezzi. Sto scrivendo e producendo con tempi fitti anche se al momento non ho in programma di uscire con un disco. Questa libertà mi dà la possibilità di essere prolifico. Non ho costrizioni di sorta, non ho piani, deciderò di registrare l’album quando avrò messo in fila tutte le canzoni e individuato quelle giuste. Nascono tutte sulla falsariga del trio: essenzialità pura e rock’n’roll».

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