«A Bergamo vorrei lasciare una traccia». Luca Font: tutto è iniziato con i tatuaggi

L’INTERVISTA. La sua fama è internazionale, è spesso in giro per il mondo con la sua arte, e in occasione di Bergamo Brescia Capitale della Cultura il bergamasco Luca Font ha trasformato il deposito della metropolitana di Brescia in un’opera d’arte cambiando la percezione che i cittadini hanno degli spazi condivisi.

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«Sono un artista visivo, mi piace questa definizione perché mi occupo di tutto quello che è arte visuale, indipendentemente dalle superfici che tratto, che siano illustrazioni fisiche o digitali». Quello che cambia con Luca Font è la «materia di lavoro»: che sia un foglio, un muro, la pelle.

«Il primo tatuaggio l’ho fatto su me stesso, perché devi fidarti di te stesso perché gli altri si possano fidare - sorride -. Ma il mio percorso inizia con i graffiti: ho iniziato a farli a 15 anni. Poi sono arrivati i tatuaggi, forma artistica indelebile, che cambia con il cambiare della persona che lo “indossa”». Non sa neanche più quanti ne ha: «Ho smesso di contarli anni fa» ride e racconta la sua arte: «Ho sempre fatto in modo che tutto quello che facevo si influenzasse con le altre discipline, per innescare un legame creativo: tra tatuaggi, illustrazioni, arte murale. Ogni idea che trovo, che sperimento, per la singola superficie, va a influenzare anche gli altri miei mondi». Questo anche se superfici diverse hanno regole diverse, «ma si uniscono, fondono, si collegano».

Come il progetto per Bergamo Brescia: «Brescia Mobilità ha trattato la metropolitana sempre in modo lungimirante con l’arte pubblica e con nomi importanti del panorama artistico internazionale. Questo progetto non è però all’interno delle stazioni, ma nel deposito della metro. Qui mi sono occupato di un rivestimento di un treno e di un’opera murale su uno dei capannoni. Si tratta solo dell’inizio e nei progetti futuri il deposito diventerà un polo artistico che porta le potenzialità dell’arte pubblica su una scala diversa».

E a Bergamo? «Vorrei fare una o più facciate cieche. Vorrei lasciare una traccia qui, nella mia città: qualcosa di grande e visibile, in uno spazio utilizzato dalla gente». E se qualcuno si chiedesse il suo percorso “professionale”: «Liceo Scientifico, Laurea in Scienze Politiche, un master in Comunicazione, un lavoro in un’agenzia pubblicitaria per capire che invece di fare il creativo ero un impiegato». E allora si molla tutto: «Per i tatuaggi, e non mi sono mai pentito, ho avuto modo di esplorare, di espandere la mia creatività, tantissimo. La mia famiglia mi ha sempre supportato». Ora poi c’è Futura: «La mia bambina, gioia grandissima. Incredibile da artista avere la possibilità di trasmettere tutto quello che hai imparato. Ora spero che anche lei abbia un sacco di fogli da sporcare, per divertirsi un sacco».

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