«La vita nasce da una donna». Sheghi Taba: «L’8 marzo sia giorno di libertà»

L’intervista. Iraniana, vive in città con il marito bergamasco e il piccolo Tancredi. Conosciuta per la sua cucina e i suoi locali, negli ultimi mesi ha manifestato contro la dittatura in Iran, a favore dell’indipendenza e delle libertà delle donne.

06:12

La conoscono in tanti per il Caffè Papavero e il Coccio, ma negli ultimi tempi il suo nome e il suo volto sono associati alle proteste che nella Bergamasca - ma anche in Italia e in Europa - sono state organizzate contro la dittatura iraniana.

L’Iran è il suo paese natio e la sofferenza è tanta per Sheghi Taba: «Sentire cosa succede mi fa stare molto male - dice -. Dalla Rivoluzione iraniana del 1978 è una continua battaglia, ma con la morte di Mahsa Amini, a settembre, ho cominciato a manifestare. Mahsa era una ragazza di 22 anni, era nella capitale ed è stata arrestata per non aver messo il velo in maniera corretta. Il velo in Iran non è una scelta, è un obbligo. Quello che io e altre donne stiamo facendo è quindi una seconda rivoluzione. Per me è difficile accettare tutto questo dolore: spesso penso che sto vivendo lontano dalla mia Patria, che godo della mia libertà, che vivo la mia vita come sempre ho voluto, ma il dolore per il mio Paese è troppo forte, anche se voglio essere piena di speranza».

Per questo Sheghi è anche il simbolo di un 8 marzo di coraggio e di libertà: «L’8 marzo tutti devono sapere che il diritto di essere donna è un diritto di uguaglianza, indipendenza, libertà. La vita nasce da una donna». Da qui «Donna, vita, libertà» (in curdo Jin, Jîyan, Azadî), ormai slogan diventato un grido di richiamo durante le proteste seguite alla morte di Mahsa Amini. «Per lei e per tutte le donne sono andata in piazza, a Bergamo, in giro per l’Italia, in Europa. Abbiamo tagliato i capelli in tante ed è diventato un quadro in Triennale - spiega -. Vado anche nelle scuola superiori, dai ragazzi: devono sapere e conoscere cosa sta succedendo a sole 4 ore d’aereo da noi».

E poi c’è la cucina: «Cucino e insegno a cucinare iraniano - sorride -. La mia vita è caotica e mio marito Roberto è un santo. Sono fortunata ad avere una persona a fianco che mi aiuta e rispetta i miei diritti e le mie scelte». Il sogno è scrivere un romanzo: «Poi un altro libro anche di cucina» dice e scherza sul suo italiano traballante: «Il problema è che nessuno mi corregge. Mi dicono che ormai questo modo di parlare mi caratterizza ma io vorrei tanto che qualcuno mi facesse notare quando sbaglio: così imparo». E aggiunge fuori dalla registrazione: «Per fortuna c’è mio figlio Tancredi, di 3 anni e mezzo: lui mi blocca mentre parlo e mi corregge la grammatica».

© RIPRODUZIONE RISERVATA