La forza dello sport: ci mette alla prova e ci «salva» la vita

IL SALUTO. Dedico queste mie ultime righe di copertina alla forza dello sport, che mi accompagna e mi sostiene da quando ero bambino.

Non solo perché ha rappresentato buona parte del mio lavoro quotidiano, ma perché mi ha messo alla prova e in un certo senso mi ha «salvato» la vita. E lo sta facendo a tanti di voi che lo vivono (non importa che sia o meno la vostra attività principale) e incrociano questa riflessione. Lo sport, inteso nella sua espressione più nobile, è maestro di tanti comportamenti, è una mano che non ti abbandona. Parlo da figlio di una generazione (baby boom degli anni Sessanta, con buona pace dell’onda montante di sarcasmo verso i boomer) per cui ogni genere di disciplina motoria era gioco, salute, sviluppo fisico (e mentale), momento di socializzazione al pari o forse più della scuola, palestra di formazione e di educazione, non senza quello spirito, impagabile, di libertà che ti restituiva saper fare un po’ di tutto (sul campo, la dimensione virtuale non esisteva): non solo giocare a pallone fino al tramonto, in alternativa basket, pallavolo, atletica, tennis, sci, pattinate da brivido con gli schettini fino a consumare la gomma delle rotelle, pedalate spericolate che – con la fantasia – si spingevano anche oltre il ciclismo diventando corse di moto sul circuito del cortile (passavamo da Gimondi ad Agostini, i nostri idoli di riferimento). E quelli più avanti nuotavano e si tuffavano. O praticavano le arti marziali.

Grazie allo sport ho imparato ad affrontare le sfide della vita, a sopportare e a vincere la fatica. A puntare la meta, anche quando sembra irraggiungibile, come quella volta salendo in bici ai Colli di San Fermo: un’arrampicata tremenda, ci impiegai un’eternità ma fu una gioia tagliare il traguardo. Se non molli, lo sport è terapeutico, questa forza te la trasmette anche nel lavoro e nelle relazioni.E non finirò di ringraziare mio padre per avermi regalato l’emozione delle camminate in montagna, che a mia volta ho donato a mia figlia insieme a tutto quel patrimonio cui accennavo. I valori dello sport vanno sempre tramandati. Ribadirli non è mai banale. I miei infaticabili colleghi – dai compagni di redazione a tutti i collaboratori – continueranno a raccontarveli. I giornalisti sono nati per correre. E per amare: per la passione che ci mettono, per tutto quello che ci siamo detti qui.

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