«Basta con la violenza sui campi o rischiamo di perdere arbitri»

Il caso. Suardi (Aia Treviglio): «Situazione preoccupante, tutelare i giovani direttori di gara». Pedrazzini (Crl): «Fare squadra tra tutte le componenti»

Il presidente federale Gabriele Gravina è stato chiaro sul tema: «Bisogna dire basta a questi atti vili e incresciosi. Chi tocca un arbitro dovrà uscire dal mondo del calcio». E per farlo la Figc sta pensando a norme sempre più severe, che prevedano pesanti provvedimenti inflitti non solo a chi si rende protagonista di un’aggressione, ma anche alle società di appartenenza, attraverso sanzioni economiche e punti di penalizzazione.

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Certo fanno rumore i cinque anni di squalifica appena comminati al giovane calciatore della Colicoderviese (Allievi Under 17) che domenica scorsa ha preso a pugni un direttore di gara,

praticamente coetaneo, mandandolo all’ospedale con il naso rotto. Ma purtroppo questa è solo l’ennesima stazione di un calvario che, nelle settimane precedenti, aveva visto un dirigente del Seregno inibito per due anni (gara giocata a Villa d’Almè) e un genitore prendere un anno di Daspo per l’aggressione perpetrata a Palosco.

Sempre sui campi del calcio giovanile, sempre ai danni di arbitri in erba.

Inevitabile il grido di allarme lanciato da tutte le componenti federali, anche di fronte alla possibilità che tutto questo clima di violenza si ripercuota in maniera tangibile non solo sul reclutamento di nuovi arbitri, ma anche sulla disponibilità di quelli che già prestano il loro servizio (un vero peccato se si pensa che, ad esempio, il corso arbitri tenuto dall’Aia di Bergamo lo scorso novembre aveva raccolto la bellezza di oltre 90 iscritti).

Così lunedì sera, al Galà del Calcio Bergamasco, il presidente della sezione Aia di Treviglio Paolo Suardi ha dovuto parlare chiaro: «La situazione si fa preoccupante: c’è il rischio che cifre e disponibilità calino, sia perché chi aveva intenzione di iscriversi ai corsi potrebbe ripensarci, sia perché chi è già in organico ora ha dei timori in più. Non dimentichiamoci che a rischiare l’incolumità sono ragazzi alle prime esperienze, che dovrebbero venire aiutati e anche giustificati nei loro errori, esattamente come si fa con i giovani giocatori. Invece si ritrovano esposti a una situazione di tensione crescente, con i loro genitori che cominciano a chiederci quali garanzie di sicurezza possono essere fornite ai figli».

Se garantire l’incolumità delle giacchette nere si sta rivelando un problema – i dati parlano di una recrudescenza generale e la Lombardia non è più l’isola felice di un tempo – può magari

fungere da deterrente sapere che i rei vengono perseguitati non solo dalla giustizia sportiva, ma anche da quella civile: perché è l’Aia stessa ad avviare un’apposita procedura a tutela dei suoi associati, chiedendo l’adeguato risarcimento dei danni. Ma certo ora servirà una netta inversione di tendenza, come auspicato anche dai massimi dirigenti del nostro calcio: in una recente lettera aperta indirizzata ai presidenti dei club e delle varie associazioni, il delegato provinciale Nicola Radici aveva già avuto modo di esortarli «a cercare un cambiamento vero… Perché non posso pensare che la soluzione sia chiedere alle forze dell’ordine di essere presenti anche alle partite delle giovanili».

Mentre il vicepresidente vicario del Comitato regionale della Federcalcio, Sergio Pedrazzini, ha sottolineato sul comunicato settimanale che «solo facendo squadra tra Federazione, società, dirigenti, allenatori, giocatori e sostenitori si potrà debellare dalla base ogni ingiustificato ed ingiustificabile atto di violenza a danno di direttori di gara e tesserati, contrario ai valori che il nostro sport propugna e sui quali l’attività stessa si basa».

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