La Serie A resta ancora in stand-by
Difficile che riparta prima del 20 giugno

Mentre Premier League e Liga spagnola si apprestano a ripartire con sedute d’allenamento a gruppi, la Serie A continua a rimanere in stand-by a causa del protocollo per la ripresa degli allenamenti collettivi e rischia seriamente di non ripartire prima del 20 giugno. Se mai ripartirà.

Sulla base dell’ultimo Dpcm, che prevede la sospensione sino al 14 giugno degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, la Federcalcio è stata costretta a prorogare lo stop dell’attività proprio fino al 14, «nelle more di ogni ulteriore e auspicabile decisione della autorità competenti». Restando così le cose sarebbe infatti impossibile riprendere a giocare il 13 giugno, data indicata da 16 club di Serie A. Da fonti del ministero dello Sport sarebbe emersa la disponibilità ad anticipare di un giorno la fine del divieto, ma la Figc si è adeguata, andando di fatto incontro anche a quei club che avevano chiesto una settimana in più per ripartire.

Intanto però il protocollo con le modifiche non è stato esaminato dal Comitato tecnico scientifico (usciranno a breve invece le linee guida per lo sport di base e alcune limature riguardanti le discipline di squadra). Le novità all’attenzione del Cts sono principalmente l’assenza del ritiro durante gli allenamenti, l’aumento della frequenza dei controlli (tamponi ogni quattro giorni), e l’isolamento del gruppo-squadra nel caso in cui dovesse verificarsi un positivo al Covid-19. La Figc, che attende sempre la convocazione del premier Giuseppe Conte (molti la aspettano anche in settimana, per i club tra domani e giovedì si saprà se si riparte), spera adesso di ricevere a breve il via libera anche se i tempi per decidere cosa fare della stagione non sono più così stringenti.

L’Uefa ha infatti deciso di dare più spazio di manovra alle federazioni nazionali per muoversi. Entro il 25 maggio avrebbero dovuto comunicare a Nyon date, format e regole della ripartenza in vista del comitato esecutivo programmato per il 27. Il meeting, però, è stato posticipato di tre settimane, al 17 giugno, perché in Europa sono diversi i tornei senza ancora certezze sulle date di ripartenza (situazione che ovviamente ha ripercussioni anche sui calendari di Champions ed Europa League). Nel prossimo consiglio federale, programmato per domani, comunque la Figc ha inserito tra gli argomenti all’ordine del giorno anche le «determinazioni in ordine alle modalità di conclusione dei campionati stagione sportiva 2019-20» oltre alle licenze nazionali per la successiva stagione.

Nei centri sportivi dei club di Serie A intanto proseguono gli allenamenti ancora a piccoli gruppi scaglionati. Secondo il patron dell’Udinese, Giampaolo Pozzo, «per essere coerenti c’è bisogno di tutto il mese di giugno per allenarsi bene. A fine giugno, poi, si ricomincia. Bisogna trovare un accordo». Dello stesso avviso anche il numero 1 della Fiorentina, Rocco Commisso: «La salute viene prima di tutto, ma cerchiamo di trovare un accordo per ricominciare. Ci sono troppi poteri e troppa burocrazia sulla questione della ripresa del campionato. E non ritengo sia giusto mettere in quarantena tutta la squadra se viene trovato un giocatore positivo. In Germania ad esempio non avviene». Ma la Bundesliga al momento sembra un mondo a parte.

Medici del calcio: servono linee guida

«Si potrà giocare, cercando magari di rischiare il meno possibile. Per poter fare questo bisogna che finalmente vengano proposte quelle famose linee guida di cui si parla ormai da mesi e che non escono mai fuori in maniera concreta. Devono essere linee guida che possono essere applicate, altrimenti sono solo carta straccia. Finora sono stati fatti protocolli non applicabili. Aspettiamo con ansia questi protocolli». Così Enrico Castellacci, presidente dell’Associazione medici del calcio. «Sarebbe stato meglio, per portare avanti questo iter e senza burocratizzare - spiega -, un tavolo solo, con Governo, Figc, Federazione medico-sportiva e Associazione medici del calcio. È inconcepibile e paradossale che la responsabilità sia data solo al medico: non è che può controllare tutto».

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