L’impresa di Sofia: «Podio di argento vivo, dedica a me e a chi mi ha preso per mano»

«È ancora una medaglia, una grande medaglia, d’argento vivo. La metterò accanto a quella d’oro di PyeongChang - ha spiegato la Goggia -. È una favola a cui ho saputo credere. Avrei firmato per questo risultato. Incredibile per le condizioni degli ultimi 20 giorni».

«Ho trovato una forza incredibile dentro di me, viaggiavo con una specie di luce». È un’immagine che torna nella carriera di Sofia Goggia, dopo l’argento sofferto e per questo ancor più prezioso vinto nella discesa libera olimpica . Ventitrè giorni dopo la caduta di Cortina - distorsione del ginocchio sinistro con lesione parziale del legamento crociato - che poteva segnare la fine del suo sogno. Quella luce interiore la 29enne sciatrice bergamasca l’aveva evocata all’inizio dello scorso dicembre, commentando una storica tripletta in CdM, tre vittorie in altrettanti giorni.

«Ho dato tutto quello che potevo. Sono stata davvero contenta della mia sciata» ha gioito Goggia dopo quest’altra impresa, così grande da lasciare un po’ in ombra il bellissimo ed inatteso bronzo di Nadia Delago, che ha dedicato la medaglia alla sorella Nicol, giunta 11/ma. «È ancora una medaglia, una grande medaglia, d’argento vivo. La metterò accanto a quella d’oro di PyeongChang - ha aggiunto Sofia -. È una favola a cui ho saputo credere. Avrei firmato per questo risultato. Incredibile per le condizioni degli ultimi 20 giorni . Essere qui alle Olimpiadi dopo la mia caduta a Cortina non era affatto scontato. Quando andavo in palestra zoppicante, con le stampelle, mi dicevo che se avessi superato quella prova, probabilmente la libera (ai Giochi, ndr) sarebbe stata per me la parte più facile».

E infatti una voce le suggeriva che non sarebbe stata solo spettatrice dei successi altrui: «Ciò che mi ha colpito di più è stata la fiducia che ho sentito dentro fin dal primo allenamento. Nonostante il dolore, quando indosso gli scarponi mi sento bene. Ci ho veramente creduto, anche nelle giornate più buie». Questo non vuol dire che la gara sia stata una passeggiata, perché «su una scala di 10 valuto la mia condizione fisica 5,5. Ho preso antidolorifici. Ho avuto dolore in una delle prime grandi curve a sinistra, in cima alla pista, l’angolo del ginocchio non era buono, per un secondo mi ha fatto male». Un recupero miracoloso, voluto dalla sua forza di volontà e favorito dalla scienza: «Sì, ringrazio i medici che mi hanno detto “se ci credi davvero puoi farcela” - ha sottolineato l’azzurra - e si sono presi la responsabilità di farmi gareggiare».

Poteva arrivare addirittura l’oro, mancato per 16 centesimi? «Voglio rivedere la gara in video. Ho qualche rimpianto per l’ultima parte, credo di aver sofferto un po’ il vento contrario, ma più di così non potevo dare». È ora di dedicare l’ennesimo successo: «A me stessa, perché al cancelletto c’ero io, ed a tutte le persone che ci hanno creduto e che mi hanno presa per mano in questo percorso che dopo Cortina sembrava andato in fumo».

«Il momento più difficile? Il lunedì dopo l’infortunio e quando qui a Pechino ho rimesso gli sci ai piedi - ha spiegato Goggia - perché sapevo avrei dovuto far una progressione enorme e avevo quasi paura di fidarmi della mia gamba, di fidarmi nuovamente di me stessa».

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