Pronto soccorso, accessi tornati all’era pre Covid. «Ma manca personale»

L’allarme. Carenze di personale medico e infermieristico, lunghe attese per gli utenti, aumento dell’afflusso giornaliero: i pronto soccorso del territorio sono allo stremo.

La Simeu, società italiana medici di emergenza e urgenza (che vede nel suo consiglio nazionale anche diversi esponenti di ospedali lombardi) denuncia una situazione assai critica e annuncia per il 17 novembre una mobilitazione in piazza a Roma vicino al Ministero della Salute. «Mancano oltre 5mila medici e 12mila infermieri, le attese per un ricovero sono sempre più lunghi. Occorrono decisioni rapide, dopo decenni di errori di programmazione», rimarca la Società italiana di medici di emergenza e urgenza.

A Bergamo, per un codice verde si può arrivare anche a 8 ore e più di attesa, nei momenti di maggiore affluenza.

Anche nella Bergamasca, negli ospedali del servizio pubblico, la situazione non è rosea. Al «Papa Giovanni» di Bergamo, per esempio, con un pronto soccorso che ogni giorno vede una media di oltre 150 accessi, l’affluenza è tornata ai livelli precedenti al periodo pandemico e sono aumentati gli accessi di codici rossi. «Il lavoro è cresciuto. E la carenza del personale, a cui si è cercato di ovviare con diverse assunzioni, è ormai cronica: il budget non può essere forzato, e non possiamo assumere tutte le figure che servirebbero. Peraltro, a volte i bandi restano anche deserti – rimarca Fabio Pezzoli, direttore sanitario dell’Asst Papa Giovanni –. Il problema dei pronto soccorso affollati ha diverse concause, non ultima il fatto che sul territorio non ci sono risposte ai bisogni dell’utenza, che inevitabilmente si rivolge al pronto soccorso. C’è anche la questione dell’attrattività: tanti utenti fanno riferimento a noi anche se potrebbero andare altrove, e non possiamo non farcene carico». A Bergamo, per un codice verde si può arrivare anche a 8 ore e più di attesa, nei momenti di maggiore affluenza.

Effetti del Covid

«Gli effetti della pandemia si vedono anche dall’aumento degli accessi: con il Covid molti non hanno avuto risposte per altre patologie, hanno saltato controlli. In più i percorsi separati per l’individuazione di positivi aumentano le attese».

Il confronto, fatto su ottobre 2019 e ottobre 2022, parla di 3.816 accessi al pronto soccorso adulti nell’anno prima della pandemia, contro gli attuali 3.854, e si è abbassata anche l’età media per le persone ricoverate dal pronto soccorso: dai 64,5 anni del 2019 ai 61,5 del 2022. «Sono aumentati anche i codici bianchi del 12%,quelli verdi scuro del 34%, e del 18% i codici rossi. E da qui deriva anche l’aumento dei decessi al pronto soccorso: nell’ottobre 2019 erano stati 4, quest’anno 10. Se aumentano i casi complessi, aumentano i morti – rimarca Pezzoli –. Aumentano gli accessi e i casi più gravi, con il personale che andrebbe ampliato, ci servirebbero almeno 3 medici in più, rispetto all’organico di 34, e facciamo anche conto sull’apporto di una cooperativa per coprire i turni. Inoltre il pronto soccorso continua a essere utilizzato come unica risorsa per i bisogni dell’utenza perché non ci sono risposte sul territorio. Inevitabilmente le attese si allungano: rispetto al 2019, per esempio, sono cresciute del 15% le rinunce dell’utenza prima della visita».

L’Asst Papa Giovanni XXIII ha attivato un percorso per ottimizzare il servizio, «ma sarebbe necessaria una revisione complessiva dell’organizzazione, a cominciare da una definizione più chiara del pronto soccorso, che non è e non può essere medicina del territorio – continua Pezzoli –. Con l’introduzione del bed manager, per individuare i posti letto nei reparti o sul territorio per i ricoveri, c’è una maggiore fluidità, stiamo cercando di rimodulare le formule del triage per velocizzare le attese, potremmo allargare gli ambulatori da sei a nove se avessimo più personale, dovremmo installare a breve cartelli luminosi su tempi di attesa e presa in carico».

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