Appello dei sindaci per frenare
l’emergenza medici di famiglia

Il Consiglio di rappresentanza chiede a governo, Ats e Regione soluzioni per tamponare il pensionamento di quasi 100 camici bianchi.

I numeri sono noti. Noti, sì, però sempre drammatici. Una cinquantina di medici bergamaschi sono andati in pensione finita l’emergenza, e prossimamente un numero analogo dovrebbe maturare la stessa decisione. Sul tema, ieri ha preso posizione il Consiglio di rappresentanza dei sindaci di Bergamo, che si è definito «seriamente preoccupato per la situazione dei pensionamenti dei medici di base, dei pediatri e delle guardie mediche in tutti i Comuni della nostra provincia – sono le parole espresse dalla presidente del Consiglio di rappresentanza, Marcella Messina -. Alla luce delle nuove richieste che vengono fatte per la gestione dell’emergenza Covid negli asili nido e nelle scuole, ovvero di avere un riferimento sanitario dedicato, il Consiglio di rappresentanza, disponibile a collaborare, chiede a governo, Regione e Ats soluzioni efficaci a un problema che ormai riguarda una percentuale significativa di Comuni non più procrastinabile con soluzioni atte a tamponare un problema che si protrae da anni e soprattutto in questo periodo di crisi pandemica». «È un tema fondamentale che ci vede uniti e coesi per trovare soluzione – aggiunge Messina –. Proprio perché le indicazioni parlano di avere referenti sanitari Covid in diversi ambiti, primi fra tutti quelli scolastici, come si fa a trovare un medico se i medici mancano?».

L’appello trova la condivisione degli stessi camici bianchi. «Un problema che si trascina da anni – ricorda Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo, che più volte ha rilanciato l’allarme, già dai tempi pre-Covid -, e che bisogna risolvere. La soluzione di fondo passa attraverso l’aumento dei posti al corso di formazione specifica in medicina generale (sotto la regia della Regione e col coordinamento territoriale delle Ats, ndr): sono stati aumentati nel 2018, poi la scelta non è stata reiterata, ora invece i posti sono stati nuovamente aumentati, ma si è in ritardo con i bandi e con l’inizio dei corsi. Sarebbe poi importante aumentare i posti su Bergamo, farne un polo attrattivo. Nel frattempo, in attesa di chi esce da questi corsi, il problema resta: quello che si può fare, e la norma vigente già lo prevede, è che i medici in formazione possano aprire un ambulatorio (con un massimo di 650 assistiti, ndr). Questi giovani medici vanno però aiutati: si deve venire loro incontro nella gestione delle spese, altrimenti uno sceglie di fare la guardia medica, che ha meno spese e guadagna di più».

I fattori in gioco sono tanti, e tra questi c’è appunto anche la retribuzione. Perché, visto che in Lombardia c’è carenza di medici, non arrivano camici bianchi da altre regioni? «La retribuzione di un medico di base si compone di una parte legata all’accordo collettivo nazionale e di una parte di accordo integrativo regionale: quello lombardo è tra i più poveri d’Italia, mentre le spese sono alte. Bisognerebbe poi incentivare chi sceglie le zone isolate o disagiate: penso a certi comuni della Bassa o dell’alta valle, dove tutto è ancora più complicato».

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