Appena nata salvata da un tumore
Operata a Bergamo, ora Chiara sta bene

Asst Papa Giovanni. Aveva una formazione al fegato di 20 centimetri che schiacciava cuore e polmoni Cheli, Chirurgia pediatrica: «Effettuato un drenaggio».

Appena venuta al mondo, il 28 dicembre 2020, non ha neppure potuto sentire il contatto con la pelle, le mani, il cuore della sua mamma: la piccola Chiara aveva un tumore al fegato di ben 20 centimetri, che le impediva di respirare, aveva spostato il suo cuoricino che faticava a battere, schiacciato i reni e l’intestino.

I suoi genitori, mamma Cristina Diconzo, 33 anni, giornalista e papà Alessandro Casati, 41 anni, imprenditore artigiano, conoscevano la grave situazione della loro piccola già prima che nascesse, al San Gerardo di Monza, e hanno affrontato con un dolore inenarrabile ascoltando gli specialisti della Clinica Mangiagalli di Milano, dove la piccola era stata subito trasferita, che li avevano preparati al peggio: «In queste condizioni un’operazione è troppo rischiosa». Ma non si sono arresi: si sono affidati agli esperti dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, dove li avevano indirizzati dalla Mangiagalli.

Sono stati Maurizio Cheli, direttore della Chirurgia pediatrica e Michele Colledan, direttore del Dipartimento insufficienza d’organo e trapianti a seguire passo passo le condizioni della piccola Chiara. Che ora, a meno di due mesi dalla nascita, sta bene: è stata dimessa ed è tornata a casa con i genitori a Cernusco sul Naviglio, in provincia di Milano. «Mangia, dorme, e sorride – racconta commossa mamma Cristina –. Quando la guardiamo, mio marito Alessandro e io, ancora non ci crediamo: proviamo per tutti i medici, gli infermieri dell’ospedale Papa Giovanni XXIII una gratitudine immensa: speriamo che il nostro grazie di cuore basti a far capire quale impresa sono riusciti a compiere per salvare la nostra piccola».

Chiara, quando è arrivata all’ospedale Papa Giovanni, era in condizioni disperate. «La funzione respiratoria era decisamente compromessa, la massa tumorale schiacciava polmoni e cuore. E anche i reni erano provati. La piccola è stata stabilizzata e accolta nella Terapia intensiva pediatrica: con il collega Michele Colledan abbiamo convenuto che una resezione epatica comportasse rischi elevatissimi – spiega Maurizio Cheli –. Così, si è deciso, con l’apporto dei nostri bravissimi radiologi, di effettuare un drenaggio, aspirando il liquido della neoformazione. La piccola è poi stata intubata , e con il passare dei giorni si è sistemata anche la coagulazione. Così la bimba, dopo essere stata nella Terapia intensiva, è passata in Patologia neonatale e quindi in Chirurgia pediatrica.È stata dimessa l’8 febbraio, il tumore c’è ancora, ma è decisamente ridotto. Aspetteremo che la piccola Chiara cresca, pesa poco più di due chili e mezzo, e si riprenda completamente per poi procedere per l’asportazione. Ma ora le condizioni di Chiara, che è una gran bella bambina, sono decisamente buone. Siamo davvero tutti molto contenti».

Il tumore che ha colpito Chiara, un amartoma cistico, è raro: era stato scoperto sin dai primi mesi dopo il concepimento. «Al secondo mese di gravidanza mi avevano diagnosticato un’anomalia della placenta, e alla successiva ecografia, per la piccola, era stata individuata una ciste nel fegato, di un centimetro e mezzo e man mano che passava il tempo, il tumore cresceva. A fine dicembre aveva già raggiunto i 12 centimetri. Ho partorito con un cesareo, Chiara è nata il 28 dicembre, e la massa tumorale era ormai di 20 centimetri. Sapevamo che avremmo dovuto affrontare momenti difficili – racconta Cristina –. Ma non avremmo mai immaginato che le prove da superare sarebbero state così dolorose. Sono rimasta sola, dopo il parto, non ho potuto vedere nessuno, né mio marito né la piccola, subito intubata e poi trasferita alla Mangiagalli. Mio marito è rimasto con lei, 24 ore su 24 finché non è stata portata all’ospedale Papa Giovanni».

Anche per il marito di Cristina sono stati momenti bui: «Avevo una moglie in un ospedale, la piccola in Terapia intensiva in un altro, e tutto intorno, ad aggravare la situazione, la paura dei contagi e della pandemia. Non esagero quando dico che per noi è stata la prova più difficile della nostra vita, un dolore disumano: l’aiuto che ci ha dato tutto il personale dell’ospedale Papa Giovanni è stato un balsamo prezioso. Ora affronteremo la prossima operazione di Chiara con molto ottimismo: la guardiamo crescere, sta bene, è la nostra felicità. Grazie, Bergamo».

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