Arte e moda: la potenza del rosso di Capucci

LA MOSTRA. Porfidi e abiti scultura alla Fondazione Zani dialogano in una esposizione che celebra uno stilista sempre contemporaneo e innovativo.

L’antichità nella sua potenza e maestosità, abiti che raccontano la storia della moda e sono sempre più contemporanei. A Casa Museo Fondazione Paolo e Carolina Zani, a Cellatica, nel Bresciano, fino al 5 maggio una mostra unisce la storia dell’arte agli abiti scultura di Roberto Capucci. La ripetizione qui è d’obbligo e, in fondo lo diceva lo stesso maestro Capucci: «La moda non è ornamento, è architettura. Non basta che un vestito sia bello, dev’essere costruito come un palazzo poiché come un palazzo esso è la materializzazione di un’idea».

Protagoniste del progetto espositivo ideato da Massimiliano Capella, direttore della Casa Museo Fondazione Zani e già docente di Storia del Costume della Moda all’Università degli Studi di Bergamo, sono la rara selezione di busti, ritratti e manufatti in porfido rosso egiziano datata dal III al XVIII secolo, prestito della Fondazione Dino ed Ernesta Santarelli Onlus di Roma, e nove abiti-scultura realizzati dagli anni Cinquanta al 2024 da Capucci, provenienti dall’omonima Fondazione.

Ben oltre il comune denominatore cromatico, i due progetti espositivi intrecciano un dialogo denso di assonanze e rimandi, anche con le opere della Casa Museo, attraversando epoche, declinazioni artistiche e forme rappresentate. «Siano esse di ieratica pietra o frusciante tessuto - spiega Capella -. Queste due mostre sono infatti un esempio ideale di come l’arte sia da sempre una fonte continua di ispirazione per il mondo della moda e di come la moda possa entrare in dialogo con l’arte offrendo una chiave di lettura sempre diversa e molto contemporanea».

Il percorso abbraccia un arco temporale che dall’antichità egizia e romana giunge sino all’epoca barocca, comprendendo esempi di matrice 6-700esca, frutto della trasformazione di frammenti porfirei di antiche colonne ed elementi architettonici, in oggetti d’arte applicata con innesti di bronzo dorato. Sculture e oggetti d’arte applicata in porfido rosso che dialogano con una selezione di nove abiti-scultura realizzati dagli anni Cinquanta al 2024 da Roberto Capucci. Di tonalità cangiante o trasformato da luce e plissettatura, il rosso degli abiti-scultura di Capucci - anche grazie alla predilezione dello stilista per tessuti come il taffetà di seta o materici come il mikado - innesta un confronto con forme e volumetrie in porfido rosso.

Quale esempio? Nella sala intitolata a Canaletto, il percorso trae avvio con Nove Gonne (1956), uno degli abiti più iconici del Novecento ed emblema della prima fase della carriera di Capucci, dal debutto fiorentino ai trionfi internazionali. Una scultura in taffetà, caratterizzata da nove elementi sovrapposti sulla gonna, che lega Roberto Capucci a due dive del cinema hollywoodiano: Marilyn Monroe ed Esther Williams. Rispetto alla prima, Capucci vanta il primato di primo designer europeo chiamato a vestire la diva, che fino al 1956 si affidò a stilisti americani. Indossato da una Marilyn in versione fumetto, l’abito apparì in una striscia del The Dallas Morning News. La seconda, invece, acquistò l’abito.

Accanto al Nove gonne svetta Cinabro (1995), realizzato per il Centenario della Biennale di Venezia, o Ventagli, in taffetà sauvage ornato da elementi a ventaglio nella gonna che, aprendosi e richiudendosi, mostrano molteplici declinazioni di rosso: «La sapiente scelta di tessuti e lavorazioni permette di ottenere effetti paragonabili all’uso pittorico del colore» dice ancora Capella. E così arte e moda continuano a stupire e a incantare.

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