Bergamasco muore in Senegal
Collaborò con i servizi segreti

Aldo Anghessa aveva 76 anni. Trovato senza vita nella sua abitazione, era latitante dopo una condanna a Brescia.

La biografia da spy-story l’ha incarnata fino all’ultimo. S’è spento sabato nella sua abitazione a Dakar, in Senegal dove s’era rifugiato, Aldo Anghessa, 76 anni, nato e cresciuto a Bergamo, ex uomo dei servizi segreti il cui nome ricorre tra mille carte e cento misteri italiani. In Africa era formalmente latitante, aveva lasciato definitivamente l’Italia in fuga da una condanna definitiva pronunciata agli inizi degli anni Duemila dopo un’indagine della procura di Brescia.

Secondo le accuse, insieme a un ex sostituto procuratore di Como, Romano Dolce (lui invece assolto in appello), avrebbe organizzato finti ritrovamenti di armi ed esplosivi per «accreditarsi» con magistratura e servizi segreti. A sostenere l’accusa, tra l’alto, fu Antonio Chiappani, oggi procuratore capo di Bergamo e all’epoca pm nella città della Leonessa. Anghessa e Dolce sostennero invece di essere stati «incastrati» da qualcuno ai «piani superiori». Una cortina di mistero ha sempre avvolto la sua vita. Parecchi gli alias: Aldo Marangoni, Dominique Morel, dottor Martini, dottor Capanna, agente Alfa Alfa. Il suo inquadramento nei servizi segreti risulta in particolare per un’operazione del 1987, quando collaborò con il Sisde «nell’individuazione di un’organizzazione di trafficanti di armi e droga», come si legge in un documento del Sismi desecretato nel 2014, che ad Anghessa dedica un’articolata «scheda biografica». L’anno seguente, una «fonte all’estero» del Sismi lo indica invece «come protagonista di una nebulosa vicenda connessa alla liberazione di un ostaggio in Libano, Terry Anderson (giornalista statunitense, ndr), della quale si sarebbe fatto promotore», progetto che poi fallì. In altre occasioni dai vertici dei servizi sono arrivate smentite circa i rapporti intrattenuti. Arrestato sia in Italia (si era spostato nel Comasco) sia all’estero, capace di riempire lunghissimi verbali con descrizione di affari sporchi di cui era venuto a conoscenza, ma condannato definitivamente solo nel processo di Brescia, pur tecnicamente latitante ha curato sino all’ultimo un profilo Facebook e un blog che ambiva a «dare notizie su intelligence e problematiche geopolitiche e militari». L’ultimo post è datato 18 settembre, il giorno precedente al decesso.

Italia, Svizzera (aveva anche nazionalità elvetica), Balcani, Usa, Africa negli ultimi tempi. La mappa di conoscenze, interessi e «missioni» del bergamasco Anghessa è stata ampia. Tra i vari misteri incrociati, è stato più volte ascoltato come persona a conoscenza di dettagli sulle circostanze in cui maturarono gli omicidi di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, così come su intricati traffici di armi o rifiuti tossici in un sottobosco con riferimenti a clan, logge massoniche, colletti bianchi, pezzi di politica. L’ultima volta finì tra le pagine della cronaca nel 2018: durante il processo sulla «’ndrangheta stragista» in corso a Reggio Calabria, tra i cui imputati c’è anche il boss Giuseppe Graviano, il pentito Gianfranco Modeo ha fatto il nome di Anghessa all’interno di un «progetto eversivo» in cui sarebbe stato coinvolto con Licio Gelli. Una rivelazione che cadde presto, senza alcun riscontro. Le cause dell’improvviso decesso sarebbero naturali; la polizia di Dakar, in contatto col figlio dell’ex 007, sta procedendo agli accertamenti del caso. n 
Luca Bonzanni

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