Congedi parentali «ristretti»
Genitori lavoratori in difficoltà

Da gennaio l’indennità del 50% della retribuzione limitata a chi ha figli in 2 a e 3 a media in «zona rossa» o con disabilità.

Intere classi in quarantena e dei figli a casa chi se ne occupa se i genitori sono al lavoro? Solo settimana scorsa nella nostra provincia se ne contavano 100 in isolamento e, facendo un rapido calcolo, se si ipotizza una media di 20 studenti per classe, vuol dire che circa 2 mila tra bambini e ragazzi sono «rinchiusi» tra le mura domestiche per 14 giorni. Peccato che per mamma e papà con il nuovo anno non sia più attivo il congedo straordinario - con un’indennità pari al 50% della retribuzione - in caso di sospensione dell'attività scolastica. O meglio, la casistica è stata ristretta. Possono infatti beneficiarne i genitori lavoratori dipendenti per sospensione dell’attività didattica in presenza delle classi di seconda e terza media in «zona rossa» e quelli con un figlio a cui è riconosciuta una disabilità grave per scuole di ogni ordine e grado o per la chiusura dei centri assistenziali.

E gli altri? Il problema non è di poco conto, se si considera che il Covid ha messo fuori gioco - o comunque ha fortemente ridimensionato il ruolo - la risorsa principe delle famiglie, ovvero i nonni. C’è una certa prudenza, infatti, nell’affidare i pargoli sottoposti a quarantena a una categoria che, per età o eventuali fragilità, è la più colpita dal coronavirus. «Se c’è un vuoto normativo, insieme al prolungamento degli ammortizzatori sociali, anche questo è un tema a cui provvedere - afferma Gianni Peracchi, segretario generale della Cgil di Bergamo -. In questa fase, con la diffusione della variante inglese che colpisce persone in giovane età, c’è un problema oggettivo di assistenza dei figli».

Problema che colpisce in particolar modo chi lavora in produzione, perché per gli impiegati c’è sempre, almeno a livello teorico, la via di fuga dello smart working, con tutte le difficoltà di combinare la propria attività con figli piccoli da seguire in contemporanea.

Uno spaccato reale della situazione lo offre Damiano Bettoni, sindacalista della Uilm e padre di tre figli rispettivamente di 12, 9 e 7 anni. «È capitato anche a me che di recente la classe del più grande dei miei figli venisse messa in quarantena - spiega -. Per fortuna ormai lui, essendo vicino ai 13 anni, è abbastanza indipendente e comunque abbiamo potuto contare sull’aiuto della nonna materna». Bettoni allarga il ragionamento: «La cosa diventa un problema soprattutto per le mamme lavoratrici, ecco perché sostegni di questo tipo non vanno tolti, ma semmai estesi». E ancora: «In particolare nell’artigianato le neomamme non lascerebbero il lavoro se ci fossero aiuti come questi. Soprattutto nelle piccolissime aziende, è maggiore il tasso di abbandono lavorativo da parte delle donne, perché aziende con pochi dipendenti sono più restie, ad esempio, a concedere il part-time».

Insomma, in caso di classe in quarantena c’è chi si affida alla rete parentale, chi alla baby sitter (servizio che comporta un costo non a tutti accessibile) e chi, alla fine, resta a casa dal lavoro.

© RIPRODUZIONE RISERVATA