Contagi in aumento: in Bergamasca mancano 80mila terze dosi

I numeri Carlo La Vecchia, ordinario di Statistica: «Vanno recuperati gli over 50 ancora senza booster». Intanto l’incidenza è salita del 22% in una settimana.

I numeri, oggi come da due anni, restano la bussola. Mentre (di nuovo) crescono i contagi, i ricoveri si mantengono stabili. Ma c’è anche un’altra «lancetta» che rimane quasi ferma, e non è un dato incoraggiante: la campagna vaccinale fatica ad addentrarsi nell’ultimo miglio. Se gli irriducibili restano irremovibili, c’è però una categoria particolare: i «ritardatari» (o i «renitenti») della terza dose, circa 80mila in Bergamasca.

La fotografia è nelle cifre della Regione. A venerdì sera (11 marzo), in provincia di Bergamo risultavano 727.214 cittadini con la terza dose. La terza dose la si può ricevere dopo quattro mesi dal completamento del ciclo primario: all’11 novembre (quattro mesi prima) erano 814.069 i bergamaschi che avevano ricevuto la seconda dose, a cui aggiungere almeno 30mila bergamaschi che avevano completato il ciclo «primario» tramite la dose unica.

Il fenomeno

E completando questa stima con la sottrazione di chi aveva prenotato la terza dose ma ha dovuto «annullarla» perché magari tra fine dicembre e inizio gennaio s’è contagiato con Omicron (e dunque non s’è più vaccinato), all’appello della booster mancano appunto indicativamente quegli 80mila cittadini.

«Il vero problema è che andrebbero recuperati soprattutto gli over 50 senza terza dose», rileva il professor Carlo La Vecchia, ordinario di Statistica medica all’Università degli Studi di Milano e attento osservatore della pandemia: «Occorre fare il possibile, convincendo magari i loro familiari o con un coinvolgimento ancor più attivo dei medici di famiglia, perché è ancora importante metterli in sicurezza». Lo è perché i contagi hanno ripreso ad alzare la testa. L’incidenza orobica è ora a 200 nuovi casi settimanali ogni 100mila abitanti (+22,49% rispetto a sette giorni prima) e quella regionale è a quota 346 (+22,69% su base settimanale).

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«I contagi sono tornati a crescere – conferma Carlo La Vecchia –. Da un lato, più che le riaperture, incide la minore attenzione ai comportamenti: è anche fisiologico, perché alcuni mesi fa c’era paura e oggi invece Omicron viene vista come una variante che dà conseguenze fastidiose ma non drammatiche. Dall’altro lato, ci sono le subvarianti di Omicron: circa un terzo dei nuovi casi è rappresentato dalla sottovariante Ba.2, che è più contagiosa ma non più grave». Il quesito è classico: cresceranno anche i ricoveri? «È probabile che l’impatto sia contenuto», stima La Vecchia.

Valutazioni a breve

Si può quindi proseguire sulla strada delle riaperture? «Quelle italiane seguono un percorso bilanciato e condivisibile – riflette Carlo La Vecchia –. Fino al 31 marzo comunque non dovrebbe cambiare niente: sarebbe però opportuna una valutazione tra una decina di giorni, alla luce di quella che sarà la situazione di quel momento. La speranza, però, è che si possa ripartire».

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