Corsi di formazione per medici di base: 34 posti, 19 adesioni

Bergamo, registrati 5 ritiri in una settimana. La responsabile Pozzi: la professione non è più attrattiva.

«Sono molto, molto preoccupata, se andiamo avanti così, rischiamo di avere un corso di medicina generale che va pressoché deserto: con la carenza di medici di base che si riscontra in questi ultimi anni nella Bergamasca e che ultimamente ha assunto dimensioni insostenibili, c’è di che allarmarsi». Anna Carla Pozzi, coordinatrice del polo didattico di Bergamo per i corsi di formazione per futuri medici di base (i corsi durano tre anni e sono a capo di Polis- Regione Lombardia) sciorina i numeri, per il corso del 2020-2023, slittato di un anno per la pandemia: «I posti disponibili per il primo anno sono 34, qualcuno in più di quanti ne avevamo negli anni scorsi, quando si aggiravano sulla trentina. Ebbene, stiamo continuando a raccogliere rinunce: sono parecchi gli studenti che, va rimarcato sono medici laureati, si sono ritirati dopo essere stati ammessi in graduatoria. A oggi ci sono 19 corsisti, si potrà decidere fino a novembre se aderire al corso o no, temiamo che la lista si possa assottigliare ancora. Ormai la professione di medico di base non è più appetibile. Bisogna correre ai ripari».

Carenze strutturali

Tutto questo, in una situazione ancora più allarmante di carenza già strutturale di medici di base: in Bergamasca sono ben 77 gli ambiti scoperti. E i concorsi banditi vanno pressoché deserti. Ora, scarseggiano anche gli studenti per i corsi di formazione, quel triennio obbligatorio che fornisce il «patentino» per diventare medico di base. Perché sta accadendo tutto questo? «Le cause sono molte, e bisognerebbe mettere rimedio su più fronti – continua Anna Carla Pozzi –. Per cominciare c’è la questione delle borse di studio: per i corsisti di medicina generale la borsa di studio è di 800 euro al mese, quella invece per gli studenti dei corsi di specialità, insomma per i medici che vogliono entrare in un ospedale, ammonta a oltre 1.500 euro. Dopo 6 anni di studi in medicina e l’abilitazione, che cosa potrà mai scegliere un giovane? Negli ultimi tempi, peraltro, si sono ampliati e di molto i posti nei corsi di specialità. Succede quindi che un giovane laureato si iscriva sia ai concorsi per accedere ai corsi di medicina generale sia che faccia domanda per la specialità. Se entra al corso per medicina generale e poi viene accettato nella specialità, rinuncia al primo. Ho assistito a ben 5 ritiri in una sola settimana».

Troppe spese a carico

C’è anche la questione legata agli sbocchi lavorativi: per i corsisti di medicina generale, infatti, c’è ora la possibilità di aprire un ambulatorio per 500 assistiti, «ma le spese sono tutte a carico del medico studente. Inoltre c’è la questione non ben definita del tirocinio professionalizzante, su cui però non c’è ancora chiarezza. È evidente che questa professione si sta facendo sempre meno attraente per le giovani leve e che va sostenuta». Per cominciare, rimarca Pozzi, bisognerebbe aumentare il valore delle borse di studio, e attivarne di più. «Si tenga conto, peraltro, che questo corso che si avvia è in ritardo di un anno, e che a dicembre si aprirà già il triennio 2021-2024. Abbiamo inoltre gli allievi del terzo anno, che sono circa 60, perché negli anni scorsi la Regione Lombardia aveva attivato molti più posti per il polo di Bergamo, e una quarantina per il secondo anno di corso. Ci vuole tempo quindi, prima che dal polo escano nuovi medici di medicina generale formati per coprire i posti vacanti. E non saranno sufficienti».

L’effetto Covid

Anche perché sulle carenze di cui soffre il territorio bergamasco ha pesato in modo non indifferente lo tsunami del Covid. «È innegabile: abbiamo avuto medici in prima linea che hanno dato la vita per questo, e tantissimi che si sono ammalati. Altrettanti che hanno preferito andare in pensione anticipata, e questo non era stato messo in conto dal sistema, lasciando posti vacanti, tanti in zone disagiate – sottolinea Anna Carla Pozzi –. Tutta la medicina di medicina generale va riorganizzata, occorre pensarla in un altro modo: la medicina sul territorio ora deve essere una medicina che privilegi sempre più l’associazionismo tra professionisti, va studiato il territorio prevedendo sedi più ampie, soprattutto serve una riforma che lanci davvero la telemedicina e il monitoraggio a distanza. Ma questo non è pensabile che sia a carico solo della buona volontà di ogni singolo professionista, un medico di medicina generale deve essere sostenuto nelle spese di studio e burocratiche, aiutato nei costi per le attrezzature, va dotato di un sistema informatico che sia davvero uno strumento che semplifichi e acceleri il lavoro».

Situazioni più appetibili

Altrettanto scoraggiate sono le parole di Guido Marinoni, medico di base anch’egli e presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Bergamo: «La situazione parla da sola: ormai questa professione non è più appetibile, un medico fresco di laurea ora ha tante altre opportunità e, diciamolo chiaramente, se è messo in condizione di scegliere opta per le condizioni più vantaggiose, in termini di remunerazione, opportunità professionali e di carriera, condizioni di lavoro. Questo è il risultato di 10 anni di incuria in cui si è praticamente fatta a pezzi la medicina di base e del territorio. E la pandemia ha dato il colpo di grazia». La Regione Lombardia, intanto, sta pensando alla riorganizzazione della legge sociosanitaria 23, la riforma Maroni, con una proposta della Giunta che è all’esame del Consiglio: vi si enuncia che il ruolo dei medici di medicina generale viene valorizzato, e così anche la medicina del territorio. «E su questa riforma non trovo nulla che non vada bene – continua Marinoni –. Non posso che non approvare ciò che è enunciato, ma una riforma non va solo scritta bene, ma attuata. E servono risorse: in primo luogo per i medici di medicina generale. Per tornare a rendere appetibile questa professione bisogna sostenerla, nei fatti: si aumentino le borse di studio per i corsisti, si diano incentivi ai medici per le spese di gestione degli studi, e, mi sia consentito, si renda semplice il sistema informatico con cui ci si trova a lavorare tutti i giorni, è davvero malfatto. Un medico deve fare il medico e avere strumenti che lo aiutino, non può fare il burocrate».

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