Covid, Atb: quest’anno nessun voucher o rimborso per gli studenti

L’anno scorso per il Covid erano stati scontati 2 mesi nel rinnovo di un abbonamento annuale. Terzi: «Senza lockdown è mancato un provvedimento nazionale». Ma gli studenti sono rimasti in Dad 1 giorno su 2.

Quest’anno non ci sarà alcun voucher o rimborso per il mancato utilizzo dell’abbonamento Atb nei mesi a più colori (giallo, rosso e arancio) che hanno segnato le nostre vite ai tempi del Covid da novembre in qua. Nel 2020 era invece stato rilasciato un voucher dal valore pari a due mesi di abbonamento, tra l’altro ancora utilizzabile per i nuovi rinnovi se non scaduto nel frattempo.

La differenza sta tutta in una parolina, lockdown: quello scattato a marzo e aprile del 2020 ha avuto tra le conseguenze quasi immediate per il trasporto pubblico lo stanziamento di fondi a ristoro dei mesi non fruiti, «ma successivamente non ci sono stati provvedimenti analoghi» conferma l’assessore regionale ai Trasporti, la bergamasca Claudia Terzi: «Né possiamo provvedere noi che, ora come ora, facciamo fatica anche solo a gestire il servizio ordinario. Diverso è il caso che le singole aziende provvedano in autonomia». Arriva, per esempio, ha esteso da 10 a 12 mesi la validità degli abbonamenti annuali.

La botta per le famiglie

«In realtà della questione non si è proprio mai parlato in nessun tavolo, né a livello nazionale né regionale. Il tema non è stato proprio sollevato» conferma Gianni Scarfone, direttore generale di Atb. E così il cerino è rimasto in mano alle famiglie che hanno dovuto pagare abbonamenti (annuali) utilizzati poi solo in parte durante l’anno scolastico.

E sono soldi, perché l’annuale studenti per una zona costa 250 euro (215 se in un comune convenzionato) e via via salendo fino ai 531 (481 se convenzionati) per l’intera rete: basta avere più di un figlio per arrivare rapidamente a 1.000 euro l’anno, mica patatine.

Una vicenda a tratti paradossale

Dove sta il paradosso della vicenda? Che nello scorso anno scolastico lo studente tipo di un istituto superiore bergamasco ha passato quanto meno un’ottantina di giorni in Dad, ai quali vanno aggiunti i periodi di presenza al 50 o 75%, difficilmente calcolabili con precisione perché diversi da istituto in istituto, ma a spanne si tratta almeno di un’altra ventina. Per farla breve, si arriva a un centinaio di giorni tra lezioni a singhiozzo e a distanza a fronte di un anno scolastico che ne conterebbe almeno 200: ergo, un giorno su due.

«Vero però che il servizio c’era e che i ragazzi al di fuori dell’orario scolastico erano spesso in giro» osserva la Terzi: «Quindi hanno comunque usufruito degli autobus, non necessariamente per andare a scuola. Durante il lockdown, invece, tutti erano obbligati a rimanere a casa, per questo un provvedimento di natura generale è stato molto più semplice. Da novembre in poi, invece, con l’introduzione della divisione in zone, ogni regione ha iniziato a fare storia a sé: è mancata quell’uniformità che aveva giustificato un fondo nazionale». Come dire che la questione dovrebbe semmai ora essere affrontata dalle Regioni, se avessero i soldi: «Ecco, non ci sono proprio».

In più va comunque ricordato che «anche nel periodi con 50% di presenze in classe il sistema del trasporto pubblico locale ha viaggiato al 75%, quindi con un’offerta di corse potenziata rispetto al normale» rileva Scarfone. Non a caso l’Agenzia del trasporto pubblico locale ha nelle scorse settimane ricevuto 2,6 milioni di euro di fondi per le corse aggiuntive.

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