«Covid stabile, ma i contagi sono sottostimati. Per i più fragili fondamentale vaccinarsi»

L’INTERVISTA. Il professor Locatelli fa il punto sul virus: «Adesione alla campagna sotto le aspettative». L’appello al governo e alle forze politiche: «Indispensabile riservare più risorse al Servizio sanitario nazionale».

Dopo gli anni aspri della pandemia, la «vecchia» normalità è tornata ad accompagnare la vita quotidiana. Ed è proprio in questa normalità che sembra stagliarsi un paradosso: la convivenza col virus è maturata grazie ai vaccini, ma oggi la campagna vaccinale anti-Covid vive un’adesione bassa. «Resta la necessità di proteggere i più fragili», ricorda il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, già coordinatore del Comitato tecnico-scientifico per l’emergenza pandemica e acuto osservatore del sistema sanitario. L’attualità pone sfide irrinunciabili, al di là di quel che resta della pandemia: «riservare più risorse al Servizio sanitario nazionale», affrontare la questione delle liste d’attesa «soprattutto dando risposte attraverso strutture pubbliche», far fronte all’«emergenza» della carenza d’infermieri e potenziare specialità mediche oggi in crisi di vocazione.

Professore, partiamo dal Covid: come stiamo vivendo quest’inizio di autunno-inverno?

«I dati indicano un’incidenza stazionaria nelle ultime due settimane, anche se i valori sono chiaramente sottostimati, perché solo una parte delle persone con sintomi si sottopone al tampone. Il lavoro fatto in termini di campagna vaccinale e la creazione di una memoria immunologica conseguente all’infezione conferiscono una protezione significativa: ospedalizzazione e mortalità impattano in maniera più elevata nella fascia degli ultranovatenni e con alcuni segnali nella fascia degli ottantenni, mentre al di sotto i valori sono decisamente più rassicuranti».

Per anziani e persone con patologie pregresse, il virus resta pericoloso?

«Resta la necessità di proteggere i più fragili con un approccio a tutto tondo: certamente la vaccinazione, così come l’importanza dei dispositivi di protezione individuale, specie quando si ha il dubbio di essere potenzialmente infetti».

A che punto siamo con la vaccinazione?

«La campagna vaccinale è raccomandata a categorie ben precise: gli over 60 con una particolare priorità tra gli over 80, gli operatori sanitari e sociosanitari, le donne in gravidanza e in allattamento e chi è in una condizione di fragilità che può esporre al rischio di infezione grave. Il vaccino, sviluppato sulla variante Kraken, è efficace rispetto a tutti i ceppi oggi circolanti in Italia».

A proposito: si affacciano varianti nuove?

«Sommando i primi tre ceppi, cioè Eris, Kraken e Hyperion, arriviamo al 75% di tutte le varianti circolanti in Italia. La variante Pirola, temuta perché differisce immunologicamente dalle altre, ha ancora una diffusione molto bassa, all’1,3%. Aggiungo un dato: le reinfezioni danno ragione del 42% dei nuovi casi. Il che sottolinea un concetto noto: i vaccini danno protezione straordinariamente efficace contro lo sviluppo di malattia severa e sono meno efficaci sull’infezione, che però, proprio grazie ai vaccini, rimane contenuta negli effetti».

L’adesione alla vaccinazione pare tiepida.

«Non va nascosto: è sotto le aspettative e sotto quanto auspicato. Colpisce che l’adesione all’anti-Covid sia più bassa rispetto a quella per l’antinfluenzale, come se vi fosse una sorta di diffidenza serpeggiante. Ma i vaccini hanno ripetutamente documentato il profilo di sicurezza, non c’è motivo per avere timori: l’invito è quello di procedere con entrambe le vaccinazioni, sia l’antinfluenzale sia l’anti-Covid. Da uomo di sanità pubblica, aggiungo che sarebbe auspicabile che arrivino al più presto in Italia anche i vaccini contro il virus respiratorio sinciziale».

Oltre il Covid, dopo la lunga fase della pandemia, come sta l’Italia?

«L’Ocse ha appena pubblicato dei dati rilevanti. L’Italia è scivolata al 9° posto nell’aspettativa di vita, mentre solitamente era tra i Paesi con i valori più elevati: è un tema che ci deve far riflettere. Può aver inciso il rallentamento degli screening oncologici e dei controlli negli anziani durante il periodo pandemico, ma la pandemia ha toccato un po’ tutti i Paesi. Purtroppo l’Italia sfiora il 20% di fumatori contro una media Ocse del 16%, e molto negativo è il dato riferito ai decessi attribuibili all’inquinamento atmosferico: 41 decessi ogni 100mila abitanti, la media Ocse è di 29. Va data attenzione al fatto che siamo sotto la media Ocse per la spesa sanitaria: siamo quasi alla metà rispetto alla Germania, spendiamo i due terzi della Francia e meno della Spagna».

Ecco: di spesa sanitaria si parla molto in questi giorni.

«Da presidente del Consiglio superiore di sanità, osservo che la previsione italiana di finanziamento della sanità rispetto al Pil per il 2024 e il 2025 è significativamente lontana da quanto registrato da Francia e Spagna. Siamo significativamente sotto il 7%, personalmente dico che dovremmo riportarci il più velocemente possibile sopra a quel valore. Se è vero che c’è una spesa del Servizio sanitario nazionale quantificabile in 130 miliardi, non dobbiamo dimenticare che c’è una costante crescita della spesa da parte delle famiglie, arrivata a superare i 40 miliardi di euro per la sanità più altri 25 miliardi per la non autosufficienza. Faccio appello al governo e a tutte forze politiche affinché si riservino più risorse al Servizio sanitario nazionale, altrimenti rischiamo una sperequazione tra chi può permettersi spese private e chi invece no. Peraltro ci sono già significative discrepanze a livello regionale, di cui va tenuto conto nella logica di un sistema sanitario universalistico».

Come si affronta la carenza di personale sanitario?

«La vera emergenza è soprattutto quella infermieristica. Abbiamo urgenza di personale infermieristico perché siamo in una carenza marcatissima, ben sotto la media europea, non solo nel numero di infermieri disponibili ma anche nel rapporto tra medici e infermieri. Il tema è incentivare l’iscrizione dei giovani alla formazione infermieristica e promuovere incentivi economici e di carriera: il ruolo degli infermieri va valorizzato, sono una componente imprescindibile.I medici? È più un tema di ripartizione inadeguata su alcune specialità. Noi abbiamo un numero di medici per 1.000 abitanti che è anche più alto rispetto a Germania e Francia, e il numero di neolaureati è assolutamente adeguato per questo tipo di programmazione. Si pone invece la questione di alcune specialità clamorosamente preoccupanti in prospettiva: penso agli anatomopatologi, fondamentali per svolgere analisi istologiche, o alle specialità di Medicina di emergenza-urgenza, Microbiologia, Medicina di comunità e delle cure primarie. Viceversa, specialità come Dermatologia, Oftalmologia e Cardiologia, con maggiori sbocchi di attività privata libero professionale, hanno fortissime richieste».

Cosa si può fare?

«Bisogna pensare a meccanismi incentivanti e premiali sia per favorire iscrizione ad alcune scuole di specialità sia per ragionare su una retribuzione che compensi specialità in cui è impossibile svolgere attività libera professionale. Da cittadino, sarei tutt’altro che perplesso o sfavorevole a pensare anche a differenziazioni salariali per queste specialità».

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