Cultura e creatività: una filiera che a Bergamo vale 1,7 miliardi di euro

IL RAPPORTO. Fondazione Symbola e Unioncamere: la nostra provincia è nona per valore aggiunto e occupati. Balzo in avanti post pandemia.

A tre anni dalla pandemia e in piena fase di ripartenza, le industrie culturali e creative sono tra i settori più strategici nella ripresa economica e sociale italiana. Bellezza e cultura sono parte del Dna del nostro Paese e sono alla base di quel «made in Italy» che, con il settore manifatturiero, è leva fondamentale per la ripresa. Lo rivela il rapporto annuale di Fondazione Symbola e Unioncamere in collaborazione con il Centro studi Tagliacarne «Io sono cultura 2023», che dimostra, dati alla mano, come la cultura sia uno dei motori dell’economia italiana.

Una filiera che nel 2022 ha generato complessivamente un valore aggiunto di 95,5 miliardi di euro, in aumento del 6,8% rispetto al 2021. Torna a crescere anche l’occupazione con quasi 1 milione e 500mila lavoratori (+ 3% rispetto al 2021) e oltre 275mila imprese. La cultura per l’Italia è anche un importante attivatore di economia. Per ogni euro di valore aggiunto prodotto dalle attività culturali e creative se ne sono attivati 1,8 in altri settori economici come quello turistico, dei trasporti e del «made in Italy», per un valore pari a 176 miliardi di euro.

Le regioni più specializzate nelle produzioni culturali e creative sono la Lombardia e il Lazio. La prima – con 353mila addetti – genera il più alto valore aggiunto nell’ambito del sistema, con 26,4 miliardi di euro, pari al 27,6% dell’intera filiera e al 6,8% della ricchezza prodotta nella regione. In seconda posizione il Lazio, ma ben distanziato nonostante la presenza della capitale, con 14 miliardi di euro prodotti.

Bergamo è nona

Con 1,7 miliardi la provincia di Bergamo si piazza al nono posto nella classifica della prime venti province italiane per valore aggiunto del sistema produttivo culturale e creativo. Gli occupati nelle imprese culturali e creative orobiche sono quasi 28mila, circa seicento in meno di quelli bresciani. Nella Bergamasca nel 2022 le attività economiche che producono direttamente beni e servizi culturali hanno generato un valore aggiunto di 897 milioni, mentre il cosiddetto «creative-driven», vale a dire tutte quelle attività che utilizzano la cultura per accrescere il valore simbolico dei prodotti e quindi la loro competitività, ha creato valore per 866 milioni. Un passo in avanti anche rispetto al periodo precedente il Covid. Nel 2019 il settore ha reso 1,6 miliardi di euro nella Bergamasca, l’anno seguente la pandemia ha assestato un duro colpo alla filiera, penalizzando in particolare le imprese delle arti visive e degli spettacoli dal vivo e quelle operanti nella conservazione e valorizzazione del patrimonio storico e artistico, messe in ginocchio da lockdown e distanziamento sociale. Ora è tempo di ripresa, e i numeri del tredicesimo rapporto della Fondazione Symbola lo confermano.

Al top dei settori orobici più redditizi c’è l’editoria (con 322 milioni), seguita da architettura e design (177 milioni), videogiochi e software (155 milioni ). Dei 27.874 occupati, la voce editoria ne comprende 5.125, mentre 3.267 sono impiegati nel settore architettura e design, 2.254 in quello relativo a software e videogiochi, 1.686 lavorano nelle performing arts e arti visive. Le imprese del settore culturale e creativo lo scorso anno nella nostra provincia erano 4.579 (su un totale di 93.860). La parte del leone la fanno le attività che si occupano di architettura e design con 1.832 imprese, 931 nell’editoria, 610 tra videogiochi e software, 556 nell’ambito della comunicazione.

Brescia al settimo posto

Brescia, che quest’anno condivide con Bergamo il titolo di Capitale italiana della Cultura, con 1,9 miliardi di valore aggiunto, oltre 28mila lavoratori e cinquemila imprese, si piazza al settimo posto in Italia per ricchezza prodotta dal comparto culturale e creativo. Sarà interessante capire quali indicazioni arriveranno dal prossimo rapporto, che darà conto dei dati del 2023. Cartina di tornasole dei primi effetti della Capitale sul territorio. Resta il fatto che le due città lombarde già nel 2022 erano, uniche piccole tra le grandi, nella top ten delle città d’arte e cultura italiane per ricchezza prodotta e occupati. In testa alla classifica c’è ancora una volta Milano, seguita da Roma, Torino e Napoli. Prima di Brescia si piazzano Bologna e Firenze. Ottava Padova, decima Verona. Bergamo, con il suo nono piazzamento, distanzia altre capitali della cultura italiana come Venezia, Genova e Palermo.

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