Disturbi alimentari: casi esplosi con il Covid e l’età è sempre più bassa

Il Centro della Palazzolo Da gennaio 20 richieste d’aiuto da 11-12enni. Sono 139 le persone in cura. L’équipe: «I sintomi si sono aggravati».

Vedersi grassissimi ed essere magrissimi. Uno «specchio» che deforma la realtà, la percezione del proprio corpo e di sé. È la lente attraverso la quale sempre più giovani - adolescenti, ma anche bambini - si guardano.

Al Centro per la diagnosi e cura dei disturbi del comportamento alimentare (Cdca) della Casa di cura Palazzolo - da oltre vent’anni struttura d’eccellenza di riferimento per la Lombardia e non solo - le richieste d’aiuto sono in costante crescita. Ancora di più dopo la pandemia. «I casi sono in aumento, con una sintomatologia sempre più grave e un’età di insorgenza sempre più bassa», concorda l’équipe che qui accoglie e accudisce la persona, facendosi carico sia del problema «fisico, organico» sia di quello «emotivo, relazionale». Perché chi arriva a pesare 30 chili e a mettere in pericolo la propria vita deve essere riaccompagnato a volersi bene oltre che rieducato a mangiare bene.

Perché chi arriva a pesare 30 chili e a mettere in pericolo la propria vita deve essere riaccompagnato a volersi bene oltre che rieducato a mangiare bene

L’età

Da inizio anno abbiamo ricevuto almeno una ventina di richieste di aiuto da parte di genitori di ragazzi in età pediatrica, tra gli 11 e i 12 anni. Numeri che non abbiamo mai registrato in precedenza», racconta Chiara Cappelletti, medico internista ed endocrinologa, responsabile del Centro. Il servizio della Palazzolo, però, si occupa di pazienti dai 15 anni d’età, «quindi dobbiamo indirizzare queste persone verso soluzioni alternative. Non c’è dubbio che in questo momento ci sia un disperato bisogno di posti letto e competenze, per un intervento a largo raggio e a lungo termine».

I sintomi

Anche i pazienti presi in carico dal Cdca della Palazzolo - soprattutto minori, per la maggior parte ragazze, ma anche il dato maschile è in crescita (e rappresenta il 10% dei casi) - presentano una sintomatologia sempre più complessa.

Da gennaio a oggi sono 106 le persone che hanno fatto l’accesso al Centro; 139 i percorsi ambulatoriali. Nei primi cinque mesi di quest’anno il 47% delle diagnosi è stato di anoressia nervosa; il 22% di bulimia nervosa e il 31% di Nas (disturbi alimentari non altrimenti specificati). «E le liste per una prima valutazione si stanno allungando, ci vogliono almeno due mesi», ammette Cappelletti. «I sintomi sono sempre più aggressivi – conferma lo psichiatra Gianluca Genini, responsabile degli ambulatori –. Il disturbo alimentare è accompagnato da aspetti psicologici correlati: ansia che può sfociare in attacchi di panico, disturbi del sonno e depressivi, autolesionismo, difficoltà a controllare gli impulsi. Fino ad arrivare a situazioni da gestire anche farmacologicamente nel tempo o da inviare ad altri servizi del territorio». I pazienti hanno diversi livelli di intensità.

«Per le situazioni più gravi possiamo attivare tre posti letto in Medicina – spiega Angelo Amaglio, fino all’anno scorso responsabile del Centro, che ha visto nascere e crescere e ora impegnato proprio nell’Urgenza –. Il valore aggiunto è che sin dal reparto di medicina, dove accudiamo il problema organico, inizia il rapporto con gli operatori del Cdca, garantendo ai pazienti la continuità del percorso di riabilitazione con operatori qualificati per affrontare il disturbo: che nasce da una sofferenza interiore, psicologica, per poi aggredire il fisico, compromesso significativamente». In base alla valutazione diagnostica si stabilisce un percorso residenziale riabilitativo-nutrizionale (che può durare dalle 6 alle 8 settimane) o ambulatoriale (il percorso medio è di un paio d’anni). «Oltre alla psicoterapia individuale e familiare e alla riabilitazione nutrizionale – fa presente Simone Raineri, coordinatore del Centro – sono previste tutta una serie di attività di supporto, che riguardano l’area corpo (teatro e danza), interventi creativi (laboratori manuali e di poesia), laboratori cognitivi e comportamentali e attività che coinvolgono anche l’esterno, come il cineforum, perché lo sguardo deve essere aperto, non solo legato al disturbo».

L’organizzazione

La pandemia ha causato lo stop forzato di alcune pratiche (come la terapia della famiglia, reintrodotta da poco) ma ha anche portato a una riorganizzazione più efficiente, sotto la regia del direttore generale della Palazzolo Giambattista Martinelli e di quello sanitario Alberto Imberti. «In questo contesto rinnovato – descrive Imberti – l’ambulatorio acquisisce una funzione centrale. Possiamo contare su un organico di venti professionisti, un’équipe composta da medici (internista e psichiatra), dietiste, psicoterapeuti, educatori, infermieri, operatori sociosanitari e ausiliari, tutti coinvolti nei programmi riabilitativi. Il nostro centro, totalmente accreditato e quindi senza costi a carico dei pazienti, può garantire tutta la filiera: reparto specializzato di Medicina, ambulatori, ricoveri riabilitativi e Mac (il day hospital, ndr)».

La rete dei servizi territoriali, conclude Imberti, diventa però fondamentale per «un’osservazione più lunga, che eviti le recidive. Noi ci siamo, con le competenze maturate in oltre 20 anni di esperienza. Guardiamo quindi con interesse al costituendo tavolo di Ats sui disturbi alimentari e all’individuazione dell’ospedale di Piario come centro specializzato per queste malattie».

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