Frutta e verdura di stagione: raccolti dimezzati e prezzi saliti fino al 50%

CAROVITA. L’altalena del meteo ha giocato un ruolo: quantità giù fino al 63%. E tra gli agricoltori c’è chi ha scelto di non seminare: «Non conviene».

Corre, il carrello della spesa, e non si ferma neppure davanti ai banchi di frutta e verdura di stagione. Nei supermercati i prezzi dei generi alimentari continuano a crescere; calano le produzioni agricole (pere, castagne, zucche, e pure olio, grano e miele) e così anche per acquistare i prodotti tipici di questo periodo si è costretti a fare fronte a un surplus di esborsi. Periodi di caldo e di siccità intervallati da alluvioni e da gelate fuori stagione, ma anche l’impennata dei prezzi di produzione e della logistica, e la carenza di manodopera: tante cause per un ridimensionamento della quantità dei prodotti sul mercato. A livello nazionale si oscilla, secondo le organizzazioni di settore, dal -10% del grano al -70% del miele, passando per il dimezzamento di castagne (-50%) e pere (-63%). Più difficile capire quanto siano aumentati i prezzi rispetto all’anno scorso: poco secondo alcuni fruttivendoli, vero è, però, che l’inflazione è arrivata a toccare la doppia cifra e che il carrello della spesa non correva così veloce da tanto tempo.

Ortaggi più costosi

«I prodotti sono tutti disponibili – assicura Livio Bresciani, titolare di un negozio di ortofrutta in via Masone –. Quest’anno sono schizzati in alto soprattutto i prezzi di patate, cipolle e pere. Siamo nella media del 20%, ma con punte fino al 100%. Altri prodotti hanno avuto un incremento generalizzato già l’anno scorso. Fino a qualche tempo fa si parlava di “fattori eccezionali”, quali il Covid, la guerra, le avversità economiche ed energetiche. Oggi quei prezzi stanno diventando strutturali e temo che non arretreranno». Aumenti intorno al 15-20% si registrano anche nel comparto della verdura, dove però il mercato è molto più volubile e i prezzi possono oscillare in alto o in basso anche del 40-50% nel giro di poche settimane. «Il consiglio è di acquistare la quantità necessaria, senza fare scorte, e di fare attenzione ai valori nutrizionali che si cercano, dirottando su prodotti diversi e più convenienti, ma con valori equivalenti», dice ancora Bresciani. «Non dobbiamo dimenticare quello che è successo in Emilia Romagna – ricorda Milena Brivio, titolare di un negozio di ortofrutta in piazza Sant’Anna –. Le conseguenze di quell’alluvione le stiamo pagando adesso con la mancanza delle pere. Anche le castagne, quest’anno, sono un po’ più care, ma le difficoltà più grosse le abbiamo con la frutta non di stagione. I prezzi delle fragole, per esempio, sono diventati proibitivi. Se si acquistano i prodotti del periodo non si sbaglia, anche se la situazione generale è piuttosto anomala».

Produttori in difficoltà

La questione riguarda i consumatori, i commercianti ma anche gli stessi produttori: secondo i dati della Cia, nell’ultimo anno il prezzo della pasta è cresciuto in media dell’11% (con punte fino al 20-25%), ma il grano duro è stato pagato ai coltivatori il 40% in meno. Un corto circuito che ha costretto tante aziende, soprattutto quelle meno strutturate, a lasciare i campi incolti perché produrre non è più conveniente.

«La materia prima è pagata troppo poco e i prezzi nella grande distribuzione non si abbassano – conferma Luca Assandri, titolare di un’azienda agricola di Fara Olivana che produce latte. L’anno scorso, di questi tempi, prendevano 57-58 centesimi al litro, oggi meno di 50, «eppure il prezzo nei negozi non è diminuito – dice –. E non calano neppure le spese: oggi mantenere un animale che dà 40 litri di latte al giorno ci costa tra i 10 e i 12 euro (sempre al giorno, ndr). Fino a pochi anni fa costava meno di 8,5 euro». Negli ultimi 4 anni, solo il 2021 è stato positivo: «Siamo tornati a fare i conti a fine mese, per vedere cosa ci rimane in tasca. Ci preoccupa la mancanza di prospettive». Elena Lazzarini ha un’azienda agricola a Fontanella. Produce cereali, mais, foraggi per animali, soia e orzo. Dice di questo 2023: «Abbiamo raccolto meno del 50% di mais rispetto a una stagione normale. Le grandinate di fine luglio hanno azzerato la coltura della soia e oggi stimiamo una perdita del 60%. Speriamo di recuperare almeno le spese. Abbiamo raccolto il 45% in meno di orzo rispetto all’anno scorso, che pure non era stato un anno favorevole. Quest’anno, poi, ci viene pagato 17 euro al quintale, rispetto ai 35 dell’anno scorso». Vivere così non è facile e sempre più agricoltori scelgono di non seminare: «Se il gioco non vale la candela – dice ancora Elena Lazzarini –, meglio lasciare perdere. Anche la pioggia che è caduta così abbondante in questi giorni non fa bene. In futuro dovremo riflettere sulla programmazione delle semine, perché – è inutile negarlo – le stagioni sono cambiate».

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