«Il Covid corre, ma pochi i casi gravi». Rizzi: per i fragili il consiglio è fare la 4ª dose

L’intervista L’infettivologo Rizzi: «I ricoverati con polmonite e insufficienza respiratoria al Papa Giovanni sono quasi spariti». Contagi tanti e sottostimati, la maggior parte si gestisce curandosi a casa.

Da qui è passato un pezzo importante dell’apparentemente infinita storia della pandemia. Ondata dopo ondata, il «Papa Giovanni» ha rappresentato un punto di riferimento per guardare attraverso le lenti della scienza l’evoluzione del nuovo virus. Di fronte all’ennesimo rialzo dei contagi, Marco Rizzi, direttore del reparto di Malattie infettive, fotografa un profilo differente dell’ondata: perché i nuovi casi sì galoppano, a maggior ragione perché sottostimati, ma l’impatto a livello clinico resta contenuto. «Per quanto riguarda i casi di malattia Covid, e in particolare casi di persone con polmoniti di qualche gravità tale da indicare il ricovero – specifica Rizzi -, in realtà non ne stiamo praticamente vedendo. Qui in Malattie infettive abbiamo attualmente due moduli attivi (24 posti complessivi, ndr) dedicati a persone con infezione da Sars-Cov-2, ma si tratta di degenti che hanno il tampone positivo e indicazione di ricovero per altri motivi: o una polmonite batterica o una broncopneumopatia cronica, o ancora altre patologie. Il paziente “classico” del 2020, che arriva con malattia da Covid con polmonite e insufficienza respiratoria, non lo vediamo. Arrivano persone fragili, delicate, ma che necessitano di ricovero per altri motivi, e sono persone che possono essere anche clinicamente gravi, per esempio pazienti oncologici».

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Dottore, è quindi una situazione gestibile?

«Il virus sta circolando molto, e i dati ufficiali lo sottostimano: pensiamo ai tantissimi tamponi fai-da-te. Gli accessi e i ricoveri urgenti dal pronto soccorso ci permettono di misurare gli effetti sul sistema sanitario: non c’è un picco di ricoveri. La situazione è più o meno simile anche negli altri reparti di Malattie infettive in Lombardia».

Tante persone alle prese con l’infezione, pochissime che necessitano del ricovero: dopo due anni e mezzo, si sta forse raggiungendo un «equilibrio» col virus?

«Sì. È un virus che si trasmette molto velocemente, ma ora con danni limitati, sia per via delle caratteristiche di questa variante sia perché il contagio avviene su una popolazione largamente immune grazie alla vaccinazione o a una pregressa guarigione».

Adesso si parla di una «nuova» Omicron dall’India. C’è già qualche evidenza?

«Continuano a uscirne, di queste varianti, ma al momento lo scenario non sta cambiando particolarmente».

«C’è l’impressione che la malattia sia meno pericolosa, e c’è un po’ di stanchezza vaccinale. Chiaro, l’indicazione rimane e l’evidenza di un’efficacia aggiuntiva contro il rischio di complicazioni c’è. Tutti ragioniamo sui nuovi vaccini disegnati sulle varianti attuali, che dovrebbero esserci in autunno: sembrano molto promettenti. Se rientrassi nella categoria dei fragili, comunque, la quarta dose la farei adesso perché mi protegge un po’ di più»

La quarta dose, intanto, non ha avuto grandi adesioni.

«Credo che chi non si sia ancora accostato alla vaccinazione difficilmente deciderà di farlo nelle prossime settimane. Perché? C’è l’impressione che la malattia sia meno pericolosa, e c’è un po’ di stanchezza vaccinale. Chiaro, l’indicazione rimane e l’evidenza di un’efficacia aggiuntiva contro il rischio di complicazioni c’è. Tutti ragioniamo sui nuovi vaccini disegnati sulle varianti attuali, che dovrebbero esserci in autunno: sembrano molto promettenti. Se rientrassi nella categoria dei fragili, comunque, la quarta dose la farei adesso perché mi protegge un po’ di più».

Se l’estate appare gestibile, per l’autunno cosa c’è da aspettarsi?

«Vale quanto si è detto anche prima di quest’aumento dei contagi. Se non emerge una variante nuova, cioè con caratteristiche diverse dalle attuali perché assolutamente non coperta dall’immunità acquisita o perché più aggressiva, alla fine anche in autunno si confermerebbe il trend di queste settimane: avremo nuovi casi, ma con un impatto contenuto».

«Più il virus circola, più si esaurisce il serbatoio dei suscettibili. Con i ritmi attuali di trasmissione, questo bacino potrebbe esaurirsi prima di ottobre: si stanno contagiando davvero in tanti, c’è una vita sociale quasi completamente libera e con grandi assembramenti»

Le infezioni di queste settimane possono essere in qualche modo una barriera anche per l’autunno?

«Più il virus circola, più si esaurisce il serbatoio dei suscettibili. Con i ritmi attuali di trasmissione, questo bacino potrebbe esaurirsi prima di ottobre: si stanno contagiando davvero in tanti, c’è una vita sociale quasi completamente libera e con grandi assembramenti. È difficile non contagiarsi, anche se apparentemente i danni sono pochi. Poi io resto della mia idea: se mi trovo in mezzo alla folla, metto la mascherina».

«È importante vigilare per intercettare tempestivamente quei casi che possono giovarsi delle terapie precoci: sull’uso degli antivirali, prescrivibili anche dai medici di base, lì si è ancora un po’ in difetto. Sono opportunità da sfruttare di più»

Da patologia che intasa gli ospedali a malattia che si cura a casa con la medicina del territorio: è la «transizione» del Covid?

«Di fatto adesso è così. Attualmente molte persone nemmeno fanno il tampone: è già per molti una malattia autogestita. Serve però ancora attenzione per i fragili. Può essere una malattia ben gestita a livello territoriale e di medici di assistenza primaria, grazie a conoscenze ormai diffuse. È importante vigilare per intercettare tempestivamente quei casi che possono giovarsi delle terapie precoci: sull’uso degli antivirali, prescrivibili anche dai medici di base, lì si è ancora un po’ in difetto. Sono opportunità da sfruttare di più».

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