Il dolore della famiglia, il padre del giovane arrestato: «Siamo a pezzi»

L’avvocato difensore Pelillo: «Sconvolti per tutti coloro che ora stanno soffrendo».

«Non ci sentiamo di dire nulla, sentite il nostro avvocato, siamo a pezzi». John Patelli, il papà di Alessandro, risponde al telefono, ma la voce è quella di un padre disperato. Da lunedì mattina telecamere e giornalisti assediano la loro casa di via Novelli, ma loro non ci sono.

È stato lui, domenica, ad arrivare sotto casa insieme al figlio dopo che il ragazzo si era allontanato di qualche decina di metri subito dopo il delitto. Lui che l’ha accompagnato nella caserma dei carabinieri quando l’hanno arrestato. Anche quella di Alessandro è una famiglia distrutta, non solo quella di Marwen Tayari. Una famiglia normale, è il ritratto che emerge, a più voci, della famiglia Patelli, integrata nel tessuto cittadino. Persone che hanno sempre pensato a lavorare e che ora si trovano sprofondate, anche loro, in un autentico dramma.

«Due famiglie distrutte»
Il padre e i due figli lavorano nell’azienda di famiglia «Giardini Veri», la mamma in un ipermercato. Tutti li descrivono come brave persone, Alessandro «calmo e tranquillo». Ma anche solitario, con pochi amici e neanche un profilo sui social, dettaglio insolito di questi tempi. Mingherlino, non certo uno spaccone o un attaccabrighe. Del resto, nessun precedente con la giustizia. Eppure qualcosa dev’essere scattato nella sua testa domenica per arrivare a uccidere un uomo a coltellate. Forse nemmeno lui ha ancora realizzato quello che è successo, spiega il suo legale Enrico Pelillo, che lunedì ha potuto incontrarlo in carcere e che oggi assisterà davanti al gip, per l’interrogatorio in cui il giovane potrà fornire in maniera più articolata la sua versione dei fatti.

«Quel che è certo è che ci troviamo di fronte a due famiglie distrutte dal dolore di questa tragedia - osserva l’avvocato Pelillo – seppur per motivi, come ovvio, profondamente diversi, non ci sarebbe neppure da sottolinearlo. Siamo tutti sconvolti, tutti per tutti, per chi diversamente in questo momento soffre». In primis la famiglia della vittima, che piange la perdita di Marwen Tayari, avvenuta in una maniera che definire drammatica è poco, trafitto da sei coltellate sotto gli occhi della compagna Eleonora Turco e delle figlie di 12 e 2 anni. E la famiglia Patelli per la quale quella di domenica sembrava una giornata come tante, destinata al lavoro nel podere di proprietà a Trescore, e si è tramutata in un abisso.

La prima versione dei fatti fornita al pm paolo Mandurino da Alessandro Patelli, nella caserma di via delle Valli dove è stato sentito subito dopo l’arresto domenica sera, punta su due aspetti: il giovane si sarebbe sentito minacciato e quindi avrebbe reagito per difendersi. E – punto secondo – non sarebbe salito in casa a prendere il coltello usato per l’omicidio: era un attrezzo che aveva già con sé, per piccoli lavori di giardinaggio che si stava recando a svolgere nella tenuta di Trescore. Aspetti da dirimere, che magistrati e avvocato affronteranno nei prossimi passaggi dell’inchiesta.

«Persone perbene»
«Ma al di là delle responsabilità penali, che spetterà all’autorità giudiziaria definire e attribuire – osserva l’avvocato Pelillo - ora possiamo solo limitarci a sottolineare il dolore per entrambe le famiglie coinvolte». Sulla famiglia di Alessandro Patelli il legale è chiaro: «Sono persone perbene, conosciute e stimate in città, che non hanno mai fatto male a nessuno. Il padre – aggiunge poi l’avvocato – ha educato i suoi ragazzi alla massima tolleranza, anche in considerazione del fatto che la famiglia abita da tempo in via Novelli, una zona multietnica della città, in cui si è sempre comunque sentita integrata. Sgombriamo il campo da qualunque illazione: il mio assistito è tutt’altro che razzista. Sia a lui sia ai suoi familiari – confida il legale – è capitato sovente di aiutare con qualche piccolo gesto persone in difficoltà incontrate nella zona, in cui spesso si imbatteva uscendo di casa».

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