Il «guardiano» del Monte Bianco è un ingegnere brembano

LA STORIA. ll campione di scialpinismo William Boffelli è glaciologo. «Lavoro per la sicurezza: qui i distacchi possono raggiungere strade e case».

Il cuore è rimasto in Val Brembana, sulle sue montagne. Ma William Boffelli, classe 1993, campione di scialpinismo made in Bergamo, è oggi uno dei «guardiani» del Monte Bianco. Un lavoro ambito e inseguito, ottenuto dopo aver vinto un concorso pubblico. Ma soprattutto una professione, una delle poche, che consente di aprire la porta dell’ufficio e indossare, tempo zero, gli sci. «E difatti, non avrei potuto chiedere di meglio - ammette Boffelli -. Questo lavoro mi consente di mettere a frutto i miei studi, in particolare la specializzazione in rischi ambientali che ho conseguito durante la laurea magistrale, senza dover rinunciare alla mia passione: lo sci alpinismo». Boffelli dallo scorso agosto lavora per la Fondazione Montagna Sicura (Fms), a cui la Regione Valle d’Aosta ha affidato il monitoraggio dei 184 ghiacciai delle Alpi. La sede a Courmayeur, dove ora Boffelli abita.

Sicurezza e prevenzione, controllando i ghiacciai

«Siamo cinque tecnici che si occupano di ghiacciai - spiega - durante tutto l’anno, ma in particolare in estate. Ghiacciai il cui movimento può interessare baite, case, strade. Quindi ci occupiamo di sicurezza e prevenzione. Monitorati speciali sono il seracco Whymper e il ghiacciaio Planpincieux. «Una situazione diversa rispetto alla Lombardia - dice Boffelli - ma pure qui i cambiamenti climatici si fanno sentire: i ghiacciai erano 216, sono scesi a 184». Quello di Boffelli è un nome noto non solo per chi vive in Val Brembana ma anche per chiunque sia un profondo conoscitore dello sci: dal 2015 fino al 2023 William è stato infatti un atleta della Nazionale italiana di sci alpinismo, nazionale con cui ha collezionato premi e riconoscimenti.

Sci alpinismo, una passione di famiglia

L’ultimo, arrivato però indossando la maglia dello sci club valdostano Corrado Gex in cui milita dallo scorso anno, è arrivato meno di un mese fa, quando ha vinto il campionato italiano a squadre di sci alpinismo, fra l’altro in casa, al rifugio Calvi, con il trofeo Parravicini. «Ho iniziato ad amare lo sci da piccolissimo, venendo da una famiglia che praticava tutta, a partire da mio nonno, questo sport. Inizialmente mi sono avvicinato allo sci di fondo, poi a 15 anni ho scoperto lo sci alpino, dal quale non mi sono più separato. A tal punto che, quando mi sono laureato e ho iniziato a cercare lavoro, avevo in testa un obiettivo chiaro: trovare un incarico che mi permettesse di fare l’ingegnere con gli sci ai piedi. A Milano e a Bergamo sarebbe stato difficile; oggi lavoro in una sede che sta a 1.400 metri e alle 17, quando varco la porta dell’ufficio, sono già sulla neve pronto per il mio allenamento quotidiano». E mentre la sorella minore di Boffelli, Claudia, porta avanti la tradizione di famiglia collezionando grandi risultati con lo sci club Roncobello, lo stesso che ha dato i natali al fratello, l’ingegnere bergamasco si trova a fare i conti con uno dei temi che più preoccupa non solo l’Italia, ma il mondo.

L’effetto del surriscaldamento globale

«In estate stiamo con gli occhi puntati: quando si alzano le temperature i ghiacciai possono avanzare anche di uno o due metri al giorno, con evidenti rischi. Dal nostro osservatorio vediamo quotidianamente l’effetto del surriscaldamento globale: se non s’inverte la tendenza, i ghiacciai sono destinati ahinoi a ritirarsi. È una dura realtà, un dato oggettivo. A chi lo mette in dubbio farei vedere le immagini satellitari che mettono a confronto i nostri ghiacciai di oggi con quelli di 20 anni fa: l’arretramento è macroscopico, altro che bufala».
E dal Monte Bianco, per ora, Boffelli non pensa di «schiodarsi»: «Certo, mi manca la mia terra, mi mancano le mie montagne. Ma da qui riesco a vedere ancora meglio le potenzialità inespresse del nostro territorio che, per quanto riguarda gli sport invernali e in particolare lo sci, continua ad affidarsi al preziosissimo mondo del volontariato degli sci club senza fare però investimenti strutturali necessari per un salto di qualità. Quel salto di qualità che le nostre montagne meriterebbero. Siamo piccoli, certo: ma la Bergamasca ha dato i natali a moltissimi grandi campioni, lo sport è nel nostro dna»

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