Il lockdown di viale Papa Giovanni
«Puntiamo su turismo e scuole riaperte»

Sulla crisi dell’asse tra la stazione e Porta Nuova il sindaco Gori non nasconde le difficoltà «Rinnovo l’appello affinché i commercianti usino fino in fondo gli strumenti del Programma Rinascimento.

«La fotografia è corretta. C’è un’evidente sofferenza in quel pezzo della città e in generale di tutte le attività cresciute insieme al turismo». Sul viale Papa Giovanni diventato una scacchiera, un alternarsi di saracinesche alzate e abbassate, Giorgio Gori – il sindaco ha anche la delega a Commercio e turismo – parte da un dato: «Monitoriamo i flussi in città, e abbiamo verificato che i passaggi in questa zona, conteggiati all’altezza del Cappello d’Oro, a luglio e ad agosto si sono ridotti del 50% rispetto agli stesso mesi dello scorso anno: questo dato, essenzialmente, ci dice qual è il problema. Molte attività sono legate alla somministrazione veloce, al passaggio di chi va verso il centro città: senza questa clientela, la situazione è certo difficile».

C’è un poker di fattori sul tavolo a rendere difficile la quotidianità degli operatori commerciali dell’asse principale della città, secondo il polso della situazione restituito dagli stessi esercenti: se il turismo è quello che pesa di più, si affiancano poi gli effetti dello smart working, la chiusura prolungata delle scuole e l’aumento del degrado. In tanti non hanno nemmeno riaperto dopo il lockdown; chi lo ha fatto, invece, regge a fatica.

«Ci deve essere un naturale riaggiustamento delle locazioni, perché è indubbio che si fatichi a pagare affitti alti – riflette Gori -. Ma è illusorio che questo processo possa essere governato dall’ente pubblico: sono relazioni tra privati. Noi stiamo lavorando affinché anche questa zona della città riparta, in primis riportando il turismo: i primi segnali incoraggianti si stanno vedendo. Rinnovo poi l’appello affinché i commercianti usino fino in fondo le disponibilità del Programma Rinascimento, costruito per loro con contributi a fondo perduto e prestiti a impatto che servono anche per modificare i profili di business». Un assist per ripopolare il lungo lembo che congiunge la stazione al centro piacentiniano, aggiunge Gori, è nelle potenzialità di un punto preciso: «Per i prossimi mesi, stiamo lavorando sullo sfruttare appieno piazzale Alpini: basta guardare la Fiera di Sant’Alessandro (partita ieri in questa nuova location, ndr) per vedere le potenzialità della più grande area lastricata della città – sottolinea il sindaco -. L’intenzione è di usarla, con prudenza e rispettando le regole: se diventa un polo attrattivo, ne beneficia l’intero asse. Poi, come prospettiva più a lungo termine, certo in là negli anni, c’è il concretizzarsi del polo intermodale nella cornice di Porta Sud».

Sul futuro imminente, quasi già presente, s’avvicina il banco di prova di settembre. «Da fine febbraio le scuole sono chiuse, e il viale beneficiava anche di quell’utenza. Settembre sarà molto importante – ribadisce il primo cittadino -. Se la riapertura delle scuole funziona, se gli uffici pubblici e privati aumentano le proprie presenze, se piano piano il clima si rasserena, la situazione cambierà in positivo».

Nelle parole di chi sul viale ha il proprio negozio, non solo le grandi catene, ma anche i piccoli esercizi che in questi mesi stanno affrontando una sfida enorme, scorre anche la preoccupazione per un degrado che risalta ancor di più, nel flusso quasi prosciugato di turisti, lavoratori e cittadini. Gli esercenti lamentano, soprattutto nel tratto tra Porta Nuova e via Guglielmo d’Alzano, la mancanza di una illuminazione adeguata, tanto per citare un aspetto. Anche le persone senza fissa dimora sembrerebbero essere aumentate, diventando presenze costanti.

«C’è sicuramente più povertà – rileva Gori -. Le conseguenze economiche dell’emergenza le conosciamo, ci sono frange di popolazione che vivono sul limite, fino alla marginalità. Abbiamo visto aumentare il numero dei senzatetto e di chi dorme per strada, ma allo stesso tempo abbiamo rafforzato insieme a Caritas le attività di accoglienza, anche notturna. Abbiamo fatto diverse riunioni per rafforzare i servizi di accompagnamento, per immaginare un punto di aggancio di queste persone durante la giornata. C’è un altro punto: quando alcune zone della città smettono di essere densamente vissute, per tutti i motivi citati, c’è il rischio che il degrado aumenti. Se torniamo invece a farle vivere e a ripopolarle, non c’è dubbio che la situazione si possa invertire».

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