La psicologa: «Esercitare il diritto
di disconnettersi a costo di annoiarsi»

La Didattica a distanza può essere penalizzante, non solo per gli aspetti che riguardano la socialità e l’interazione tra i ragazzi.

E allora anche le famiglie possono entrare in gioco per difendere il diritto alla disconnessione dei più piccoli, permettendo loro anche di annoiarsi per trovare una nuova dimensione creativa. «La presenza in classe è importante, al di là della socializzazione – spiega Valeria Perego, psicologa del Consultorio Familiare Scarpellini –: l’apprendimento, soprattutto per i ragazzi della secondaria di primo grado, avviene anche attraverso la relazione, e questo aspetto attraverso lo schermo delle videolezioni non passa, non può essere uguale a quello in presenza».

Nella Didattica digitale integrata, che le scuole dovrebbero applicare in questo periodo, le caratteristiche del lavoro dovrebbero essere diverse: «Con questa – aggiunge – dovrebbe essere privilegiata una tipologia di lavoro diversa, che possa stimolare le capacità dei ragazzi, il problem solving, non solo la teoria delle cose, ma anche la pratica. Dobbiamo ricordarci che i ragazzi in questo periodo non solo non possono andare a scuola, ma hanno perso anche una serie di attività collaterali, per esempio quelle che permettono loro uno sfogo fisico. E ricordiamoci che anche loro, come gli adulti, hanno diritto alla disconnessione».

Perché oltre ai pc per le lezioni, si utilizzano anche i cellulari, si guarda la tv: si passano tante ore di fronte a uno schermo. «Un genitore deve monitorare la situazione – conclude –: bisogna porre dei limiti, spegnere il telefono dopo un numero di ore, anche se i ragazzi ci dicono che stanno usando gli strumenti per raccontarsi e collegarsi con le amiche. I ragazzi in automatico cercano di salvaguardare la propria socialità. Il punto è lo sguardo dell’adulto, che comunque ha competenze in più sul piano emotivo, con la capacità di sapersi autoregolare. Bisogna intervenire per dire che bisogna staccare e per farlo possiamo proporre loro di fare qualcosa di diverso, nei limiti di quello che ci viene concesso: una passeggiata, un gioco in scatola.

Qualcosa di diverso dallo schermo. Si tratta anche di occasioni di creatività e forse anche di noia. Spesso i ragazzi sono iperconnessi per sfuggire da una dimensione di noia a cui non sono abituati. Ma la noia va attraversata perché serve per generare il desiderio. I grandi devono aiutare i ragazzi a imparare ad annoiarsi e riempire la noia con qualcosa di diverso».

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