«La terza dose è necessaria? Sì, ma ancora da capire per chi»

Per il virologo Fabrizio Pregliasco probabile un colpo di coda. «Sul richiamo non è chiaro se dovrà interessare tutti o solo i soggetti a rischio».

«Avremo a che fare con il Covid almeno per i prossimi 2-3 anni. Una terza dose, dunque, sarà necessaria, ma non solo: servirà continuare a vaccinarsi il più possibile per riuscire a convivere in fretta con questo virus, senza troppi problemi per la salute e per la libertà di ognuno». Il pensiero del virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano, è chiaro: rallentare con le vaccinazioni sarebbe un errore, soprattutto ora che i contagi stanno tornando a crescere.

Professor Pregliasco, il piano del Governo prevede l’inizio delle somministrazioni della terza dose di vaccino da ottobre. Da chi si dovrà cominciare?

«Diciamo innanzitutto che per quella data dovremo almeno chiudere la campagna di vaccinazione di massa. Poi purtroppo, come ci insegnano Israele e Germania, sarà necessaria la terza dose, inizialmente per i soggetti più fragili (immunodepressi e malati oncologici), poi anche per gli operatori sanitari, che sono i primi a essersi vaccinati».

Sarà quindi un passaggio necessario?

«Dipenderà dall’onda epidemiologica e, dunque, dall’incidenza. Se il numero dei casi resterà basso, si potrà rischiare di lasciare una parte della popolazione con una protezione inferiore, ma se - come temiamo - a ottobre ci sarà un’ulteriore onda di rimbalzo, è chiaro che dovremo immaginare una dose di richiamo; resta da capire se attraverso una nuova campagna universale, oppure solo per i soggetti a rischio».

Da tempo non si ha più notizia dell’arrivo di nuovi vaccini. Basteranno Pfizer e Moderna?

«Le quantità presenti e quelle in arrivo sono già abbastanza abbondanti. D’altronde, la tecnologia a Rna messaggero è quella che ha dato i risultati più soddisfacenti. Un altro vaccino interessante era quello di Novavax, ma si è notato che ha un’efficacia un po’ ridotta».

A fare paura sono le varianti; da qualche giorno si sta parlando della Lambda. Che tipo di variante è?

«Non è una variante che preoccupa per la sua capacità diffusiva, anzi: ne sono stati censiti appena 1.060 casi negli Stati Uniti, per quanto fosse già conosciuta da mesi. Piuttosto, da alcune casistiche sembra che risponda un po’ meno ai vaccini, che pure restano efficaci».

Se ne arrivasse una resistente ai vaccini, in quanto tempo le case farmaceutiche potrebbero sviluppare un siero in grado di contrastarla?

«Tre mesi, seguendo tutte le indicazioni necessarie. Un po’ come avviene con il vaccino antinfluenzale, che ogni anno ha bisogno di un aggiornamento della sua composizione».

Con la maggior parte della popolazione vaccinata, il rischio che si sviluppino nuove varianti diminuisce?

«Sì, ma purtroppo dobbiamo considerare il contesto mondiale. Ci sono nazioni in cui i vaccini non sono ancora arrivati, non a caso la variante Delta è nata in India. È un problema che dovremo affrontare a livello globale: non viviamo chiusi in un fortino; per farlo dovremmo bloccare i viaggi, ma vedete cos’è successo con le vacanze…».

Finito l’effetto green pass, resteranno in tanti a non essere vaccinati. Fino a quando queste persone rappresenteranno un problema?

«Teniamo conto che per i prossimi 2-3 anni avremo a che fare con questo virus. Più saranno numerosi i non vaccinati, più l’efficacia e le opportunità offerte dalla vaccinazione andranno a ridursi. Come dire, per la libertà dei singoli si rischia di rovinare quella di tutti».

I contagi tornano a crescere, i ricoveri anche, ma meno. Con il 65% degli over 12 già vaccinati, ha ancora senso parlare di nuove restrizion i?

«Dipenderà dall’andamento epidemiologico, basta vedere quello che sta succedendo in alcune regioni d’Italia. Bisognerà seguire il flusso delle onde che si susseguiranno e graduare la risposta per colpire il virus, provocando meno disagio possibile».

Bene la stretta su insegnanti e studenti universitari?

«Certo, più si vaccina e meglio è. Ben venga anche il green pass come elemento facilitante».

C’è il rischio che il Covd-19 diventi un virus endemico?

«Quando riusciremo a conviverci diventerà più “tranquillo” e seguirà il destino di tanti altri coronavirus, ovvero sarà presente, ma meno aggressivo. Questo perché stanno arrivando anche nuove terapie, come gli anticorpi monoclonali e alcuni mono stimolanti, che ci permetteranno di tollerare di più la presenza del virus».

Si può dire che saremo in sicurezza anche quando si potranno vaccinare gli under 12?

«Più abbassiamo l’età vaccinabile, meglio è. Con la variante Delta stiamo vedendo che sono i bambini quelli più a rischio contagio. Per loro fortuna, contraggono il virus molto spesso in maniera asintomatica, ma proprio per questo rischiano inconsapevolmente di contagiare i loro familiari».

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