«Le restrizioni vanno allentate». Il microbiologo: estinte le mutazioni aggressive

Fabrizio Maggi, microbiologo: presto convivremo con il virus. «Il Sars-Cov-2 varia per adattarsi all’ospite. Omicron meno pericolosa».

«Siamo in una fase nuova della pandemia, una fase a cui guardare con fiducia. Il virus ha fatto molti passi avanti nel suo percorso di adattabilità e convivenza con l’ospite, e la variante Omicron rappresenta il risultato di questa trasformazione che ci porterà, credo sia questione di mesi, a poter convivere quasi pacificamente con questo virus». Fabrizio Maggi i virus li studia da decenni, e negli ultimi due anni ha avuto quotidianamente a che fare, nel suo laboratorio, con sequenze e mutazioni di Sars-CoV-2. Professore di Microbiologia all’Università dell’Insubria oltre che direttore del laboratorio di Microbiologia dell’Asst Sette Laghi di Varese, Maggi vede di buon grado l’allentamento delle misure restrittive voluto dai Paesi europei più «aperturisti» dell’Italia.

Inghilterra, Danimarca, Francia hanno già abbandonato mascherine all’aperto, e non solo. Meglio la strada del rigore?

«Non vedo male le aperture introdotte dagli altri Paesi europei e, anzi, credo che un atteggiamento troppo restrittivo in questa fase sia eccessivo. Sono convinto che ci possiamo permettere di alleggerire le misure partendo dalle evidenze: il virus, infatti, sta diventando sempre meno aggressivo, e questa trasformazione – insieme all’indispensabile protezione garantita dalle vaccinazioni – ci aiuta ad imboccare con serenità un percorso di convivenza con il virus. Attenzione a non fraintendere: non invoco un liberi tutti, ma un atteggiamento diverso, dovuto ad una nuova fase della pandemia».

Cosa intende per nuova fase?

«Proviamo ad adottare il punto di vista del virus: dopo il salto di specie e la prima fase in cui il passaggio all’uomo ha provocato danni e infezioni severe nell’organismo, il virus ha selezionato e favorito le mutazioni che meglio gli consentono di adattarsi e convivere con l’ospite. Non a caso le mutazioni più aggressive e virulente si sono estinte, lo vediamo in questi giorni anche con la variante Delta, ormai marginale. Ecco, Omicron è un passo molto avanti nel percorso che porterà Sars-CoV-2 a diventare uno dei tanti virus respiratori stagionali a bassa patogenicità».

Un passo avanti o il passo avanti?

«No, non è l’ultimo passo. La variante Omicron, infatti, non rappresenta la chiusura del cerchio, il virus non ha ancora terminato il suo percorso di adattabilità. Ma non ci vorrà molto tempo, credo realisticamente che già il prossimo inverno lo affronteremo senza grosse criticità».

L’ipotesi che emerga una mutazione più aggressiva e si ricominci daccapo non è plausibile?

«Lo è molto poco. Proprio perché, come detto, il virus evolve selezionando le mutazioni che meglio gli consentono di adattarsi all’ospite. E mentre il virus Sars-CoV-2 compiva questo percorso, la vaccinazione nel contempo ha fatto in modo che bruciassimo le tappe e che, come succede già in questa fase, riuscissimo a imbastire una forma di convivenza con il virus già piuttosto equilibrata».

È un fatto però che Sars-CoV-2 stia ancora mutando, e che Omicron abbia già prodotto sue variazioni.

«Sì, sono già state identificate almeno tre sotto-mutazioni della Omicron. Ma dalle prime valutazioni queste non sembra abbiano un impatto clinicamente rilevante».

Migliaia di bergamaschi si sono contagiati nelle scorse settimane, con la variante Omicron già dominante.È possibile reinfettarsi con la stessa mutazione?

«È poco verosimile. Direi anzi che è molto difficile che accada, grazie gli anticorpi sviluppati dopo il contagio, in grado di eliminare velocemente una successiva infezione. In ogni caso, chi è vaccinato con tre dosi ha una grossa protezione anche dal contagio».

Tornando agli scenari futuri, la convivenza con il virus passerà attraverso una continua campagna di vaccinazione generalizzata?

«Non credo che si andrà verso una vaccinazione generalizzata. In questo momento ci si sta concentrando molto nello studiare l’altra forma di protezione che il nostro sistema immunitario sviluppa dopo la vaccinazione o la guarigione, la cosiddetta risposta cellulomediata. Va considerata come una seconda linea di difesa, molto più duratura rispetto agli anticorpi. Ecco: considerando poco verosimile e sostenibile lo scenario di una vaccinazione massiva continuativa, è probabile che si punti invece a verificare attraverso test specifici la qualità della risposta cellulomediata dei cittadini e, di conseguenza, a selezionare chi avrà bisogno di richiami. Non ci aspettiamo che ad averne bisogno sarà la popolazione intera, bensì probabilmente solo alcune categorie, le più fragili, di cittadini».

© RIPRODUZIONE RISERVATA